venerdì 30 dicembre 2011
DR motor:L'intervista a Di Risio sul futuro di Termini Imerese
“NON SONO L’UOMO OMBRA DEI CINESI CON ME TERMINI RISORGERÀ”
Di Risio, lo strano industriale nell’ex-feudo della Fiat
di Luca Telese
inviato a Macchia di Isernia
Massimo Di Risio è il demiurgo di DR Motor Company, la piccola casa produttrice di Macchia di Isernia che è riuscita ad aggiudicarsi lo stabilimento di Termini Imerese. La fabbrica dove fino a ieri la Fiat produceva la Ypsilon. Un salto enorme, per l’imprenditore molisano. Di Risio nasce come pilota sportivo. Poi diventa concessionario Lancia. Poi inventore di un nuovo modello commerciale multi-marchio, infine importatore e produttore di modelli parzialmente assemblati all’estero. Anche dopo l’accordo, e dopo un lungo silenzio che ha fatto crescere la curiosità (“Dovuto – come spiega – a una dolorosa e privatissima ragione”), inseguito dalla stampa specialistica e non, accetta per la prima volta di parlare.
Perché prendere una fabbrica che la Fiat lascia?
(Sorriso). È di un solo euro, il prezzo fissato da Marchionne, per un complesso umano e tecnologico di valore inestimabile.
Ma a condizione di assumere i 1500 operai della vecchia gestione!
Partirò con 241 e rispetterò il programma fino a riassumere chiunque non vada in pensione. I nostri modelli produttivi sono diversissimi. Fiat ha impianti che lavorano al 20-30% della capacità. Noi di capacità produttiva abbiamo bisogno per passare da due a sei modelli.
Marchionne dice: la logistica per arrivare in Sicilia fa aumentare i costi.
Probabilmente con il loro modello produttivo la scelta di lasciare lo stabilimento era giusta. Per noi è diverso: con un porto a un chilometro dallo stabilimento, e facendo arrivare il grosso dei componenti per mare, avremo un risparmio rispetto a ora che arrivano a Macchia d’Isernia sbarcando a Livorno e poi su gomma fino in Molise.
È vero che ha avuto 5 milioni di euro dalla regione Molise grazie alla sua amicizia con il presidente Iorio?
Falso! Ho avuto 5 milioni di euro, ne sono stati pagati solo 2.5, perché il ministero dello Sviluppo – con Bersani – e la regione Molise – guidata da Iorio – mi hanno riconosciuto quel finanziamento.
Aveva firmato un contratto di area?
Esatto. Mi ero impegnato ad assumere 27 operai. Adesso ne impiego 60. Credo di essere a credito con la Regione!
Come è diventato pilota?
La passione per le auto mi è stata trasmessa da mio padre, gentleman driver di altri tempi. Ci sono quelli che da bambino vogliono fare l’astronauta. Io sognavo di correre e fare auto.
E come ha iniziato?
Per la maturità mio padre mi regalò una Ritmo. La modificai e, senza dirgli nulla, iniziai a correre. Dopo due anni fui ingaggiato dalla Renault.
E apre in parallelo una filiale Lancia. Mi spiega come si passa da un solo negozio a 100 concessionarie?
Ero in vacanza in Portogallo, durante una gara. Mi capitò di andare alle Canarie. Nelle isole si poteva arrivare solo in aereo. Quasi tutti i turisti appena atterrati noleggiavano un’auto.
E allora?
Le società di autonoleggio avevano un’imponente flotta di utilitarie: Punto, Panda, Opel Corsa, Clio. Macchine pregiate, per i rivenditori dell’usato.
Non mi dica che le comprò lei?
Andai da tutte le società, mi impegnai ad acquistarle tutte e poi noleggiai una grande nave da trasporto: 2.000 auto a viaggio.
Fu un affare?
Enorme. Si rivendevano alla velocità della luce con un margine superiore al 20 per cento.
E come andò a finire?
Quando dalla metà degli anni ‘90 ci fu la possibilità di eludere l’I-va, noi diventammo poco competitivi e l’affare finì.
In quel periodo, però, lei progetta la città dell’auto.
È un’altra idea che nessuno aveva mai realizzato. In America, avevo visto che la concentrazione di tanti concessionari era la norma. Pensai: perché non metterli insieme tutti?
La legge lo impediva.
C’era l’obbligo di un solo mandato per filiale. Ma la pubblicità era centralizzata e l’offerta per il cliente diventava ottimale. Il principio era che non gli si vendeva un marchio solo, o l’auto che voleva il concessionario, ma qualsiasi tipo di auto, quella che voleva lui. Una rivoluzione.
Ma come potevate avere i diversi marchi se la legge lo impediva?
Ci ingegnammo costituendo decine di società, una per ogni marchio. Poi arrivò Monti e liberalizzò il mercato dell’auto. Nel 2002 da commissario europeo abolì il vincolo di mandato.
Quante città dell’auto ci sono in Europa, come la sua?
A quanto mi risulta nessuna.
Poi arrivò l’idea che la portò su tutti i giornali. Il Suv da 14 mila euro realizzato su un telaio prodotto in Asia.
All’inizio non ci credevano in tanti: “Ma chi vuoi che compri un Suv che costa come un’utilitaria?!”
E lei cosa rispondeva?
Semplice. Tutti quelli che avevano una utilitaria perché volevano un Suv ma non se lo potevano permettere.
Le chiedevano anche chi poteva comprare un Suv a gas?
Chiunque non si poteva permettere un Suv per gli alti consumi. Lei vendeva nei supermercati. Ci permetteva di guadagnare da subito, senza alti investimenti, grande visibilità. E ci dava il tempo per costruire una tradizionale rete di vendita.
Era un bidone, come dicevano i maligni?
Per nulla. Sulla solida struttura del veicolo prodotta con elementi cinesi impiantammo un motore Fiat Jtd meraviglioso, sperimentato e indistruttibile, lo stesso della Multipla.
Ma il DR5 lo vendete ancora?
La nuova serie sarà uno dei modelli di Termini. Ma il motore sarà più sofisticato e prestante: 1.6 multijet di ultima generazione. Diventerà il più economico in assoluto.
Quanto avete venduto con l’operazione supermercati?
Poco meno di duemila Suv. Il doppio di quello che immaginavamo!
Molti dicono: Di Risio finge di montare le auto: le prende dai cinesi così come sono.
Non è così. Lei ha visitato la catena e il nostro centro stile. Facciamo produrre in Cina le auto ma le progettiamo a Isernia nel pieno rispetto degli standard europei di sicurezza e di emissioni.
C’è chi dice: comprerà Termini e poi la girerà ai cinesi
.
La Fiat ha messo una prima clausola nella nostra trattativa. Non si potrà fare mai. E io non ne ho la minima intenzione.
Sviluppare i vostri prototipi vi costa?
Non meno di 5 milioni di euro l’uno solo di progettazione. I test di sicurezza sono carissimi. Ma un grande marchio, partendo da zero, ne spende 800.
A novembre, però, le sue vendite sono scese a soli 126 esemplari.
Abbiamo cinque nuovi modelli pronti, li ha visti. Quattro di loro partiranno da Termini, la trattativa è durata sei mesi più del previsto. Finché non si chiudeva, non potevamo partire.
Ma quanto pensa di vendere?
Il nostro piano prevede 50-60 mila auto l’anno.
È vero che per due mesi non ha pagato i suoi operai?
Sì. Ma è stata una scelta concordata, e adesso abbiamo pagato tutto, arretrati compresi.
Gli operai erano d’accordo!?
Sì. Abbiamo chiesto loro se, vista la situazione di limbo dove ci trovavamo, preferivano l’attesa, o la cassa integrazione ed eventuali tagli. Hanno scelto, tutto è andato bene. Faremo cassa integrazione solo per ristrutturare la linea in Molise.
A Termini farà come Marchionne, con la Fiom?
Non vogliamo discriminare nessuno, men che meno per le sue idee politiche e sindacali. Siamo felici che l’accordo sia stato firmato anche dalla Fiom.
È vero che avete 35 milioni di euro di debiti e che ne ottenete 45 dalla regione Sicilia come contributo per l’occupazione?
Sì. 35 milioni è più o meno l’investimento per progettare i nuovi modelli. Il resto sono debiti rotativi. E per una azienda che produce auto, mi permetto di dire, è poco. I contributi, saranno sgravi all’occupazione legati alle assunzioni che faremo.
Finalmente si affaccia una concreta alternativa nella produzione di auto in Italia,considerato che la DR è italianissima anche se con un importante collaborazione cinese,l'aspetto a me pare più che favorevole,anche perchè Termini era destinata a sparire e i fumosi progetti di produrre componenti Fiat parevano effettivamente campati in aria.
Se l'abile imprenditore è riuscito a sopravvivere con una produzione artigianale delle sue auto,direi che con l'attuale progetto in Sicilia la scommessa ha ben altri toni e solo il mercato potrà dire se la vincerà,poichè nell'auto non è solo una questione di prezzo,bensì di qualità.
&& S.I. &&
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