venerdì 10 giugno 2011

Il quorum da esorcizzare e quei comunisti dell'Economist

I nuovi tabù del caimano,il primo tra i nostri confini,il secondo arriva dal Regno Unito





Il titolo del settimanale Economist 


Quest'uomo ha fottuto un intero paese






UN PAESE FOTTUTO DA UN UOMO SOLO
L’Economist e il tramonto di B.
di Caterina Soffici
   Londra
   Ogni volta che gliela ricordano, l’ex direttore Bill Emmott ridacchia sotto il pizzetto: “Con quella copertina sono diventato famoso nel vostro paese. Il giorno che ho lasciato l’Economist ho ricevuto tre offerte di collaborazione: erano tutte da giornali italiani”. E infatti quella copertina è rimasta nella storia: Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy, “inadatto a governare l’Italia”. Era il 2001. Sono passati dieci anni e nel numero in edicola oggi il settimanale inglese ci va giù ancora più pesante: “L’uomo che ha fregato un intero paese”. Sempre lui. Sempre Silvio nostro, che se allora querelò, questa volta potrebbe direttamente chiedere l’arresto dei responsabili del giornale. La copertina, un Rapporto Speciale sull’Italia di 14 pagine in occasione dei 150 anni dell’unificazione (“Per un nuovo Risorgimento”) e un editoriale di fuoco che non lasciano dubbi interpretativi: “L’era Berlusconi graverà sull’Italia per anni a venire”.
   UN’ANALISI impietosa e lucida, come si dice in questi casi, che noi purtroppo conosciamo bene, ma che letta con l’occhio di un anglosassone è abbastanza impressionante e fa concludere: “Non vediamo alcun motivo per cambiare il verdetto del 2001”. E infatti Berlusconi è stato così incapace di governare che mentre tutti gli altri paesi crescevano, l’Italia nell’ultimo decennio ha avuto una crescita bassissima: solo il 
Pil di Zimbabwe e Haiti dal 2001 è cresciuto meno di quello italiano.
   L’Economist (del cui speciale, in edicola da oggi, riportiamo alcuni stralci in queste pagine) ricorda che B. è stato il più longevo presidente del Consiglio italiano dai tempi di Mussolini, ci descrive come un paese vecchio e corrotto, in mano alle corporazioni (ce n’è per avvocati, farmacisti, tassisti), dove un gruppo ristretto di forti privilegiati vive bene a scapito di molti senza tutele e disoccupati, dove una casta di politici e dirigenti tiene in mano le sorti di un paese (l’età media del primo ministro in Italia si aggira sui 62 anni, Berlusconi ne ha 74, Cesare Geronzi anche, Antoine Bernheim ha lasciato 
Generali a 85, e anche i boss mafiosi seguono l’andazzo: Bernardo Provenzano ne aveva 73 quando è stato arrestato), con un sistema bancario ingessato, un quarto dei giovani è disoccupato, con la percentuale di donne lavoratrici più bassa dei paesi occidentali, una università disastrata e in mano ai baroni, dove il familismo amorale è la regola, dove i giovani laureati scappano all’estero per sfuggire al sistema delle raccomandazioni e delle conoscenze.
   QUANDO è andato al potere Berlusconi aveva promesso riforme liberali, ma fa notare l’Economist che le amministrazioni Pdl e Lega sono quelle che hanno meno liberalizzato i servizi. Malgrado tutti i suoi processi 
per corruzione e frode (senza contare la saga di Ruby e del Bunga Bunga), un terzo degli italiani continua a crederlo vittima dei giudici di sinistra e lui continua a spacciare la favola che non è mai stato condannato, anche se non è vero, perché molti processi si sono conclusi con condanne poi lasciate cadere per procedure barocche o andati in prescrizione, grazie a leggi che si è fatto su misura.
   “Tra una battaglia giudiziaria e l’altra” scrive l’Economist, qualche riforma l’ha fatta, come la Biagi e quella dell’Università. Avrebbe potuto fare di più se avesse usato il suo potere e la sua popolarità per fare altro anziché difendere i suoi interessi personali” scrivono. Comunque, malgrado Berlusconi e tutti i danni che la sua politica ha causato, l’Italia si salva. “È un paese ricco, in pace e civilizzato che non sembra essere troppo 
in crisi” dice il report, ma non può più vivere di rendita. “Potrebbe andare avanti in questo modo, impolverandosi e invecchiando sempre più, ma restando a galla agevolmente”. E questa sembra la cosa più probabile. Ma il paese ha bisogno di un nuovo Risorgimento, come quello che portò all’unificazione 150 anni fa. Per recuperare il tempo perso ci vorranno anni di duri sacrifici. E, va da sé, un cambio di governo.






Eh si! Le prossime generazioni sapranno ringraziare a dovere,chi ha permesso questo scempio della moralità,delle istituzioni,dell'economia e l'esaltazione degli affari suoi.


Ringrazieranno sicuramente di cuore...


&& S.I. &&

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