lunedì 25 aprile 2011
Marco Travaglio,il passaparola del lunedì,Ciancimino story
Il testo integrale dell'intervento
Buongiorno a tutti, oggi, quando va in onda questo Passaparola è pasquetta, io vi sto parlando, invece, sabato sera. Ho registrato questo intervento poco più di un giorno prima di quando va in onda. Non so quindi cosa è successo ieri, domenica, e questa mattina.
In ogni caso mi interessa, più che l'attualità, una ricostruzione: riguarda il caso di Massimo Ciancimino, di cui ci siamo occupati molto spesso in questo spazio, oltre che sul Fatto Quotidiano, ad Annozero etc. Quindi non possiamo assolutamente lasciar passare quello che è successo senza cercare, là dove è possibile, di dare una spiegazione anche se, come vedremo, le spiegazioni in questo momento sono varie, quelle possibili, e non ne possiamo scegliere una sola scartando le altre.
Ciancimino e il documento taroccato
Avete letto come è stata trattata la vicenda sui giornali: Ciancimino arrestato per aver falsificato un documento, dunque tutti i documenti che ha portato sono falsi, dunque tutto quello che ha detto è falso, dunque i magistrati che lo hanno ascoltato e utilizzato come persona informata sui fatti, sia pur indagato per reato connesso e collegato, sono nella migliore delle ipotesi dei creduloni e nella peggiore dei falsari anche loro.
O lo hanno indotto a raccontare e portare carte false o hanno comunque recepito con gioia ciò che Ciancimino raccontava loro e ciò che loro volevano farsi raccontare, quindi i giornalisti che lo hanno intervistato o che hanno parlato di lui senza sparargli addosso sono anche loro dei falsari.
A un certo punto sembrava che avessero arrestato Santoro e Ingroia, mentre la notizia è che Ingroia, Di Matteo e Paolo Guidi, i tre PM di Palermo, hanno chiesto e ottenuto il fermo di Massimo Ciancimino sull'autostrada mentre da Bologna stava andando in vacanza in Francia, fermo che è stato oggi per me che vi parlo, l'altro ieri per voi che mi ascoltate, convalidato dal GIP di Parma su parere conforme della procura di Palermo che ritiene che Ciancimino debba restare in carcere perché c'è il rischio sia che scappi – stava andando in Francia in vacanza – sia che inquini le prove, cioè che ci siano manovre tra lui e qualcuno o di qualcuno su di lui o tra lui e questo qualcuno per intorbidare ulteriormente le acque di un caso abbastanza complicato.
La leggenda che ci viene venduta sulla traiettoria, il percorso della collaborazione di Ciancimino con la giustizia è una leggenda piuttosto fantasiosa, molto avvincente, poco credibile e cioè che Ciancimino, a un certo punto, decida di rovinarsi la vita cominciando a sparare a zero su alcuni fra gli uomini più potenti d'Italia. L'ultimo è De Gennaro, ma prima Mancino, Violante, il Ros dei Carabinieri il Generale Mori, il Capitano De Donno, i governi Amato e Ciampi e poi naturalmente Berlusconi, Dell'Utri, i mafiosi, etc... I magistrati, che non vedono l'ora di incastrare Berlusconi, Dell'Utri e tutti questi, ovviamente prendono per oro colato quello che lui dice e quindi si crea questo network che poi viene rilanciato mediaticamente dai giornali e in televisione da Santoro.
A parte il fatto che Ciancimino è stato intervistato dai giornali di tutto il mondo e dalle TV di tutto il mondo, a parte il fatto che Ciancimino, qualunque cosa si pensi su di lui, è giornalisticamente una notizia, perché dice delle cose molto forti: non si vede per quale motivo chi intervista una persona dovrebbe rispondere poi di quello che fa quella persona o di quello che ha fatto quella persona, ci mancherebbe altro. Montanelli diceva: “se mi dessero da intervistare il Demonio io vado a intervistare il Demonio”.
Quindi, stiamo assistendo sui soliti giornali a sciocchezze incredibili: il Corriere della Sera ha addirittura intervistato Dell'Utri come osservatore super partes, nel caso Ciancimino, dimenticando di ricordare che Dell'Utri è un condannato in appello per mafia a sette anni. Si fa confusione, Ciancimino e i pentiti... lui non è affatto un pentito, Ciancimino, i reati che gli vengono contestati li nega. E' stato processato e condannato in primo e secondo grado per intestazione fittizia di beni, cioè per aver di fatto riciclato i soldi di suo padre, i soldi che suo padre gli aveva lasciato, a lui e alla sua famiglia, e lui ha sempre negato di aver fatto il riciclaggio, ha semplicemente detto “sono il figlio di mio padre, ho ereditato i soldi di mio padre quindi non ho riciclato un bel nulla”.
Quindi non è un pentito, Ciancimino è un dichiarante, una persona informata sui fatti, che in seguito alle cose che ha dichiarato è stato poi scritto nel registro degli indagati dalla Procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, perché quando lui ha raccontato che aiutava il padre a portare i messaggi tra gli uomini dello Stato, del Ros dei Carabinieri, e gli uomini della mafia, Riina e Provenzano, portava i pizzini, i papelli avanti e indietro, evidentemente ha confessato un possibile reato, cioè quantomeno un favoreggiamento o forse addirittura un concorso in associazione mafiosa, sia pure non facendone parte personalmente, a differenza di suo padre che invece era proprio un mafioso DOC.
Questa è la sua configurazione giuridica: lui è un indagato di reato connesso, sia perché è sotto processo per aver riciclato il denaro di suo padre, sia perché in seguito alle sue dichiarazioni è stato indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e quindi, credendo al suo racconto su quella trattativa del 1992-1993, i magistrati proprio perché hanno preso sul serio quello che lui diceva e lo hanno verificato, hanno iscritto lui, anche per quel reato oltre ad altre persone.
Si è detto, infine, che siccome adesso lui è stato preso per avere taroccato un documento, praticamente tutto quello che ha raccontato, portato in questi tre anni di dichiarazioni e produzioni di documenti, non vale più niente. Allora, noi dobbiamo intanto distinguere l'aspetto mediatico da quello giudiziario. L'aspetto mediatico è che la figura mediatica di Ciancimino, che lui stesso aveva alimentato con questo iperpresenzialismo, libri, interviste, dichiarazioni, ospitate televisive, ecc, ne esce ovviamente a pezzi. Non so se irrimediabilmente, vedremo gli sviluppi di questa storia, ma senz'altro ne esce a pezzi.
Dal punto di vista giudiziario le cose stanno esattamente come prima: i magistrati non è che tutto quello che diceva Ciancimino o portava Ciancimino lo prendevano e gli mettevano il timbro di autenticità: ogni carta veniva spedita alla Polizia Scientifica per la perizia e se ne stabilisse l'autenticità. Cos'è l'autenticità? L'autenticità del documento, cioè se il documento appartiene alla persona che Ciancimino dice averla scritta, se la grafia corrisponde, se il periodo della carta e dell'inchiostro collima con quello con quello che lui attribuisce o è segnato nella datazione del documento. L'autenticità, invece, del contenuto di quei documenti è ancora un altro problema, che non risolve la Scientifica che può solo dire se una carta è autentica, dopodiché quello che c'è scritto in quella carta, se è autentico o no, se è vero o no, lo decidono poi i giudici con altri tipi di riscontri. Un conto è l'autenticità un conto la veridicità di un documento. Lo ripeto, l'abbiamo già detto mille volte, ma dato che anche io passo per uno di quelli che si bevevano qualunque cosa dicesse Ciancimino, vi ricordo che l'avevamo detto a suo tempo. Perché l'avevamo detto? Perché 55 documenti, alcuni in fotocopia, altri in originale, tra quelli, circa 150, che Ciancimino aveva portato ai magistrati erano già stati esaminati dalla Scientifica e 54 di quei 55 erano risultati autentici. La grafia di suo padre, sua, di qualcun altro era risultata quella, la datazione era quella, il documento non era artefatto. Uno di quei 55 documenti aveva suscitato dubbi della Polizia Scientifica perché era una fotocopia in formato A4, sulla sinistra c'era un appunto manoscritto di Massimo Ciancimino, fotocopiato nella stessa fotocopia in cui sul lato destro c'era un altro appunto, che invece aveva la grafia di suo padre. Li si era detto “ecco, ha messo insieme una cosa sua e una di suo padre, per trarre in inganno i magistrati!”, in realtà Ciancimino disse, “io, quando ho consegnato quel documento l'ho detto: questa è una fotocopia di due originali, mio e di mio padre, che io avevo fotocopiato uno vicino all'altro perché stavamo facendo una specie di promemoria per un libro di memorie di don Vito Ciancimino – e lui lo stava aiutando a scrivere – e serviva a me, quindi avevo fotocopiato questi appunti, in parte miei e in parte di mio padre, ma avevo detto subito cos'era, quindi non ho tratto in inganno nessuno”. Quindi, 55 su 55 documenti esaminati dalla scientifica erano risultati autentici; non dico veridici, dico autentici. Non erano taroccati.
Il 56° è risultato invece taroccato. Due o tre giorni prima dell'arresto di Massimo Ciancimino, che è avvenuto se non ricordo male mercoledì, quindi fine scorsa settimana, inizio della settimana appena conclusa, della Settimana Santa, arriva il referto della scientifica su un altro documento. E qui attenzione, perché altro che giallo! Altro che thriller!
Il documento che cos'è? Fa parte di una valigiata di documenti che Ciancimino ha portato in procura uno o due mesi fa, gli ultimi documenti che lui diceva di avere dell'archivio di suo padre. Perché ha impiegato così tanto a consegnarli? Forse perché gli piaceva creare un po' di suspance, restare un po' più a lungo sotto i riflettori, forse perché l'archivio di suo padre era disseminato in una serie di cassette di sicurezza e nascondigli sparsi per l'Europa e per il mondo, per cui nemmeno lui sapeva dove erano tutte, e di volta in volta con l'aiuto della madre, di altri collaboratori di suo padre è riuscito a ricostruire tutti i nascondigli e a svuotarli uno dopo l'altro da tutto quanto, e portare tutto in procura. Non era tutta roba che aveva in casa, che aveva nella sua disponibilità. Tra questi documenti che lui porta uno o due mesi fa, c'è un appunto, una lettera manoscritta di suo padre, originale, in cui suo padre parla di un magistrato, ormai in pensione, che si chiama Giuseppe Di Gennaro. Soltanto che il padre sbaglia e scrive Giuseppe De Gennaro”. Quando la scientifica vede “De Gennaro” scritto con quella grafia, si ricorda di aver visto la stessa scritta “De Gennaro”, uguale uguale, con gli stessi grassi, gli stessi magri, le stesse inclinazione, proprio identica a quella scritta – alla scientifica hanno l'occhio clinico – che compariva in una molto controversa cartolina, fotocopiata, che Ciancimino aveva prodotto nel giugno dell'anno scorso.
Cos'era quella cartolina? Diceva che fosse un appunto “che io e mio padre, quando preparavamo il libro di memorie, avevamo scritto con i nomi che mio padre chiamava quelli del Quarto Livello”. Una serie di funzionari di Polizia e dei servizi di sicurezza che lui chiamava il Quarto Livello. Il Quarto Livello, naturalmente, nell'ipotesi dei rapporti mafia-politica. Sulla sinistra c'era questa lista di nomi incolonnati, sulla destra ce n'era uno solo collegato con una freccetta alla colonna di sinistra. La freccetta e il nome a destra era scritto con un'altra grafia rispetto alla colonna dei nomi a sinistra. Come la spiegò Massimo Ciancimino? Disse: “io sotto dettatura di mio padre scrissi la lista dei nomi a sinistra, poi a un certo punto vidi mio padre che prendeva la biro, la matita, faceva una freccia vicino al nome “Gross”, e segnava 'De Gennaro', intendendo dire Gianni De Gennaro” nemico acerrimo di Vito e della mafia, già capo della criminalpol di Palermo, poi capo della Polizia, oggi coordinatore dei Servizi Segreti, condannato in appello per i depistaggi sulle violenze di Genova, non dimentichiamocelo.
Pazzo o ricattato?
A questo punto, i magistrati, per la prima volta si imbattono in un riferimento a Gianni De Gennaro come in qualche modo parte di quel presunto Quarto Livello che Vito Ciancimino aveva individuato come referenti di trattative e rapporti tra Stato e Mafia, quindi si sorprendono che Massimo Ciancimino non aveva mai parlato di De Gennaro, ma ancora rimaneva un nome su cui Massimo Ciancimino non sapeva dire bene cosa, se non “mi sono fatto l'idea che dietro a quel signor Franco, uno dei Servizi di Sicurezza che serviva come un'ombra Vito Ciancimino in tutto il percorso della trattativa e un po' lo pilotava, ci fosse come referente una figura importante come De Gennaro”.
Era una sua deduzione che Massimo Ciancimino comincia a raccontare ai giornalisti, ci mette del suo. Un giorno incontrando un ufficiale di Polizia Giudiziaria a Caltanissetta dice che praticamente il signor Franco e De Gennaro sono la stessa persona, quello là verbalizza, lui a verbale balbetta... insomma su De Gennaro fa un casino nell'ultimo anno che poi lo porta a essere incriminato a Caltanissetta per calunnia nei confronti di De Gennaro e poi all'arresto da parte dei magistrati di Palermo.
Qual è il giallo? Il giallo è appunto quello che succede alla polizia scientifica quando esaminano quell'appunto, portato uno o due mesi fa da Massimo Ciancimino insieme ad altre carte, sicuramente autografo del padre, in cui si parla di questo giudice Di Gennaro che era stato consulente del ministero della giustizia, poi era stato applicato come dirigente dell'ONU, aveva avuto vari incarichi extra giudiziari e Vito Ciancimino ne parlava nel su appunto. E' un appunto di nessun interesse investigativo, quindi Massimo Ciancimino non avrebbe avuto nessun interesse a portare quel documento che riguardava questo giudice DI Gennaro, che suo padre aveva sbagliando chiamato De Gennaro. Allora perchè Massimo Ciancimino tra le carte porta questo appunto in cui suo padre parla di un magistrato che non sa nemmeno chi sia? Mistero, primo mistero.
Quello che è interessante è che quando vedono la scritta De Gennaro, scritta da Vito Ciancimino, gli esperti della scientifica fanno una prova per vedere se per caso Ciancimino lo scrive uguale perché è la sua grafia, oppure è proprio la stessa parola, diciamo fotografata col photoshop e appiccicata alla freccetta e alla cartolina? Loro, quando hanno stabilito che la cartolina era autentica, hanno stabilito che effettivamente la grafia della colonna sinistra, come diceva Massimo, era di Massimo e che quella della freccetta e “De Gennaro” era di Vito: per questo avevano detto che il documento è autentico. Ma adesso scoprono che potrebbe essere stato artefatto prelevando col photoshop quel “De Gennaro” dalla lettera di Vito e appiccicandolo sulla cartolina di Massimo, così che dalla cartolina si desuma che anche De Gennaro, che non era nella lista appuntata da Massimo, fosse stato inserito da Vito come parte di quel quarto livello colluso.
Fanno le verifiche e scoprono che la parola l'ha scritta una volta in quella lettera, non l'ha mai scritta nella cartolina, qualcuno ha estrapolato quella scritta dalla lettera e l'ha incollata sulla cartolina, poi fotocopiata. A quel punto, dicono: “quella cartolina è taroccata”. Chi può averla taroccata? I magistrati di Palermo dicono: “non può che averla taroccata Massimo Ciancimino”, anche perché Massimo Ciancimino ci aveva detto di aver visto con i suoi occhi suo padre, sotto i suoi occhi, aggiungere a quella lista la freccetta e il nome “De Gennaro”. Se invece ci avesse detto “ho ricevuto, ho trovato questa cartolina che non so da dove venga” prima di attribuire il falso a lui ce ne corre, ma dato che lui ha detto “ho visto mio padre scrivere quella roba” e la scientifica dice “no è stata appiccicata”, è evidente che i magistrati come prima ipotesi ne desumono che quel taroccamento l'ha fatto Massimo Ciancimino. Naturalmente si chiedono anche perché, ma nel frattempo scoprono che Massimo Ciancimino, e non è difficile scoprirlo perché ha la scorta, sta partendo per le vacanze in Francia e lo fanno fermare prima che espatrii, e lo tengono dentro. Lo interrogano, e lui fa un interrogatorio pure drammatico: piange, si contraddice, dà due-tre versioni degli stessi fatti, si dice minacciato, dice di avere paura, che gli han mandato una bomba e per “non preoccupare i miei e non fare sempre la figura di quello che grida al lupo al lupo non l'ho denunciata, l'ho annaffiata con la doccetta in giardino e l'ho nascosta”.
I magistrati mandano la Polizia a perquisire la casa a Palermo e scoprono che la bomba c'è, è disinnescata ma potrebbe autoinnescarsi e distruggere l'intero palazzo, una bomba ad alto potenziale, pericolosa, attiva.
Allora è vero che gli hanno recapitato quella bomba? Perché l'ha nascosta mettendo in pericolo anche i vicini oltre alla sua famiglia? Oppure se l'è messa lui, ma è matto a mettersi una bomba che potrebbe scoppiargli fra le mani? Nell'interrogatorio, ovviamente, il problema principale è la cartolina con l'appiccico del nome “De Gennaro”. Gli chiedono “l'ha fatto lei?”, “assolutamente no”, “E allora chi l'ha fatto?”, “non lo so!”, “ma come non lo sa, se ci aveva detto che aveva visto suo padre scrivere sotto i suoi occhi il nome De Gennaro, lo conferma?”, “non lo ricordo, può darsi che mi ricordi male, che l'abbia visto scrivere altrove quel nome, non so chi ha fatto questa cosa, io non ho le competenze tecniche per alterare un documento, non avrei mai fatto una roba del genere, non mi serve a niente aggiungere il nome De Gennaro perché non è mia intenzione calunniare nessuno, quelle carte me le ha passate un amico di famiglia”.
Poi cambia versione: “no le ho ricevute in busta chiusa”, e i magistrati gli dicono “ci dia la busta così verifichiamo”, “l'ho distrutta”... insomma dà versioni che si contraddicono e che non stanno in piedi e che comunque smentiscono quello che aveva dichiarato consegnandola, quella cartolina.
L'interrogatorio viene chiuso, lui viene lasciato in carcere, viene convalidato il fermo. Questa settimana che inizia a Pasquetta ci saranno nuovi interrogatori e si spera che Ciancimino si sia dato una calmata e abbia organizzato le idee, perché è evidente che qualcosa di decente lo deve dire se non è lì per suicidarsi.
Perché il sospetto è che lui, nell'ultimo periodo abbia cominciato a fare delle cose per sputtanare quello che di vero aveva detto e consegnato in precedenza. Allora la domanda è: lo sta facendo spontaneamente, sotto minaccia, sotto pressione di qualcuno, sotto ricatto di qualcuno, è costretto a fare il kamikaze suicida oppure lo sta facendo spontaneamente magari in attesa di qualche tornaconto, o è semplicemente pazzo? Perché non c'è nulla di lucido e di lineare in quello che è successo. Ciancimino non aveva mai parlato di De Gennaro, quindi non aveva bisogna di portare delle carte false per dimostrare la veridicità di quello che aveva detto. Anzi, De Gennaro era uno dei nemici più acerrimi di suo padre, quindi accusarlo avrebbe comunque indebolito la sua posizione perché qualcuno avrebbe potuto insinuare che stava vendicandosi per conto di suo padre, mentre lui ha sempre detto di voler prendere le distanze da suo padre. Suo padre ce l'aveva coi magistrati, lui è solidale coi magistrati, suo padre era un mafioso, lui non vuole lasciare un cognome mafioso a suo figlio. Attaccare un nemico della mafia e di suo padre come De Gennaro poteva indebolire il suo tentativo di distacco progressivo dagli ambienti paterni, non aveva nessuna esigenza di taroccare quel documento per accusare De Gennaro perché lui non aveva mai detto nulla su De Gennaro, non sapeva nulla se non suo padre ogni tanto smoccolava contro De Gennaro e, a suo dire, aveva segnato il nome De Gennaro sulla cartolina. Dal che lui aveva dedotto che anche De Gennaro facesse parte del Quarto Livello, nulla di più, nulla di utilizzabile processualmente. Un sentito dire... poi sapete che Ciancimino è un uomo molto fertile di fantasia, lo racconta bene Ingroia nel suo libro “Nel labirinto degli Déi” e nella prefazione del libro di Torrealta “Il Quarto Livello”. Non è vero che Ingroia avalla tutto quello che dice Ciancimino, basta che leggiate le parti dedicate a Ciancimino, le ho pubblicate sul Fatto Quotidiano di sabato per chi è interessato: Ingroia dice “attenzione, quello che Ciancimino documenta lo prendiamo sul serio, quello che viene confermato da altri , come tutti discorsi sulla trattativa, dove poi ci sono state conferme di personalità autorevolissime – ci sono testionianze di Conso, di Martelli, di Liliana Ferraro, non ché dello stesso Mori e dello stesso De Donno che comunque parlano dei loro rapporti, dei loro colloqui con Vito Ciancimino. Quelle cose stanno in piedi anche se Ciancimino le negasse, perché hanno già avuto conferme e documenti.
Ma Ingroia diceva “quando lui fa le sue elucubrazioni sulle cose che diceva suo padre, su Ustica, su De Mauro, su Calvi etc... quelle sono cose che dice, noi non sapremo mai se sono vere o false ma processualmente ciò che non è documentabile e riscontrabile noi non lo utilizziamo nemmeno”.
Il Quarto livello... chissà se esiste, cos'è... Ingroia lo dice, basta che leggiate il libro comunque molto bello di Maurizio Torrealta.
Allora? La domanda è: mettiamo che Ciancimino ha fatto il tarocco, ha appiccicato la scritta De Gennaro sulla cartolina, perché ha deciso di attaccare De Gennaro calunniandolo. Ha preso quella parolina dalla lettera di suo padre riferita al giudice storpiata e l'ha appiccicata lì, gli è andata bene per un anno. Poi cosa fa? Un mese fa prende la lettera da cui è tratta la parolina appiccicata, e la porta ai magistrati, così dà ai magistrati il cappio per impiccarlo, dà ai magistrati la prova del falso che lui ha fatto. Vedete che o è pazzo o qualcuno lo ha indotto o costretto a farlo. E' un suicidio in diretta: tu spari a qualcuno, dici che non sei stato tu, e poi porti in procura la pistola con le tue impronte digitali, con un colpo mancante dello stesso tipo di quello trovato nel corpo di quel qualcuno che hai accoppato. O sei scemo o c'è qualcuno che ti ha costretto ad andare a costituirti. O c'è qualcuno che ti ha costretto ad ammazzare quel qualcuno e poi ad assumertene la colpa per evitare che si risalga a chi ti ha commissionato il delitto. Chi lo sa? Questa è una spiegazione sicuramente più logica di uno che fa il tarocco, ci sono cascati tutti, e poi porta la prova del tarocco.
Tra l'altro una prova che non serviva a niente, nessun magistrato gli avrebbe mai chiesto, anche se fosse stata trovata, “perché non mi hai portato quella lettera?” “Perché parlava di un giudice Di Gennaro che a voi non interessa niente, sono carte di mio padre come la lista della spesa”, ha lo stesso valore giudiziario della lista della spesa. C'è qualcosa di inspiegabile in questo comportamento, che ha fatto pensare agli inquirenti l'esistenza di un “puparo”. Non esageriamo coi gialli, il puparo... il puparo può essere benissimo una persona che rappresenta uno degli ambienti che Ciancimino ha toccato, ambienti che sono molto preoccupati dalle indagini sulle trattative che vanno avanti anche se si dimostrasse che Ciancimino ha detto tutto fandonie, con quello che si è accumulato sulla trattativa, con quello che si è saputo su Dell'Utri e Berlusconi non c'era bisogno certamente dei pizzini di Ciancimino per sapere che Dell'Utri e Berlusconi hanno avuto rapporti con la mafia, tant'è che Dell'Utri è stato condannato in primo grado a nove anni quando Ciancimino era ancora in sonno, silente, non aveva mai parlato, quindi non c'è bisogno di Ciancimino per dimostrare i rapporti tra Dell'Utri, Berlusconi e la mafia, sono dimostrati a prescindere.
Gli assegni di Berlusconi e le telefonate di Ciancimino
Il bello di questa leggenda che ci viene raccontata è che si dice appunto che Ciancimino, furbo, se ne stava bello e tranquillo. Gli avevano sequestrato i beni del padre, 64 milioni di euro nel 2004-2005, ma per il resto era un signore benestante, faceva la bella vita, nessuno gli andava a chiedere niente. Poi, a un certo punto, si sveglia e si inventa calunnie contro Berlusconi, Dell'Utri, De Gennaro, Mori, De Donno, Mancino, Violante per vivere meglio. Pensate che genio! Uno che accusa uomini potentissimi, inventandosi le accuse, per migliorare la sua qualità della vita. Ma ve lo vedete?
Ma la genesi della collaborazione di Ciancimino non è questa, non aveva alcuna intenzione di parlare con la giustizia. Non è andato lui dai giudici a dire “sapete che so delle cose? Ve le dico adesso perché mi sono svegliato storto...”.
Non è che si faccia carriera andando dai giudici a dire qualcosa di brutto su Berlusconi, Dell'Utri in Italia. Si fa carriera a non dirle, certe cose.
Pensate a Ruby... a Ruby hanno promesso e dato dei soldi per stare zitta e per fare la matta dicendo cazzate. Ricordatevi quell'intercettazione in cui lei racconta che il premier le ha detto “fai la matta, dì cazzate e io ti copro d'oro”. Perché potrebbe essere la stessa cosa che è successa a Massimo Ciancimino: “fai il matto, dì cazzate e io ti ricopro d'oro” oppure “fai così altrimenti la prossima bomba non te la faccio trovare, la faccio detonare”. Potrebbe essere, chi lo sa? Almeno ci sarebbe una logica in questo comportamento non lineare di uno che porta 54 documenti tutti autentici e poi ne porta uno falso, la fa franca per un anno ma poi porta le prove che il falso l'ha fatto lui. Non c'è niente di lineare in tutto questo. C'è una cesura, c'è un qualcosa che è successo nell'ultimo periodo.
E se uno conosce la genesi di questa collaborazione capisce che la genesi è genuina perché Massimo Ciancimino quando vengono sequestrati i 64 milioni di suo padre, stiamo parlando del 2004-2005, procura di Palermo ancora retta da Piero Grasso e Pignatone, perquisizione a casa, nella villa al mare, intercettazioni telefoniche, processo per riciclaggio, gli fanno la perquisizione, gli trovano in casa un documento tagliato in cui qualcuno – chi dice Provenzano chi dice Ciancimino sotto dettatura di Provenzano – promette appoggio elettorale a Berlusconi in cambio della messa a disposizione di una sua televisione e in caso contrario minaccia eventi tristi contro Berlusconi, quel documento, ricorderete, non finisce agli atti ma nascosto in uno scatolone dimenticato.
Quando Ciancimino viene interrogato dopo la perquisizione di quel documento non gli chiedono niente. Nelle intercettazioni lo si sente che parla con sua sorella di un assegno che negli anni Ottanta Berlusconi aveva staccato per Ciancimino padre, 35 milioni di lire, un finanziamento di Berlusconi al più mafioso dei politici siciliani, e il padre non lo aveva mai incassato, lo conservava evidentemente a scopo di ricatto, in una carpetta, così dice Massimo Ciancimino a sua sorella, intercettati nel 2004. La procura quelle intercettazioni le ha. Sapete quante domande hanno fatto i magistrati della procura di Grasso, interrogatorio condotto da Pignatone, a Massimo Ciancimino su quell'assegno di Berlusconi a Vito Ciancimino? Una domandina per dire: “ma lei è proprio sicuro?” Quando si fa una domanda così l'interrogato capisce che il magistrato non è proprio entusiasta, tant'è che quando lui risponde una supercazzola mentre al telefono diceva chiaramente di sapere dov'era quell'assegno, fine della domanda, si passa a parlare d'altro. E anche quella vicenda viene sepolta.
E Massimo Ciancimino continua a viversene sereno e tranquillo col suo processo fino al 2007, quando rilascia un'intervista. A chi la rilascia? A Panorama, diretto da Belpietro. Intrevistatore Gianluigi Nuzzi, 19 dicembre 2007. Racconta la sua vita con don Vito, racconta il suo ruolo di postino della trattativa, racconta che lui ha assistito agli incontri di suo padre col generale Mori, con De Donno ma anche con Riina e Provenzano, addirittura fino al 2002. Provenzano col nome di Ing. Lo Verde andava a trovare Ciancimino agli arresti domiciliari a Roma, lui c'era.
Storia bellissima nella quale Nuzzi, ottimo cronista, fa una domanda e dice: “ma lei sulla trattativa è stato mai interrogato dalla procura di Palermo?” Risposta: “no, su questo non mi hanno mai chiesto niente”. Nel frattempo la procura di Palermo è cambiata, è arrivato il procuratore Messineo che ha rimesso al lavoro in antimafia i magistrati che Grasso aveva emarginato, i Caselliani, e infatti appena leggono l'intervista di Massimo Ciancimino e gli fanno verbalizzare quello che racconta sulla trattativa, e dal gennaio 2008 all'altro giorno, riempie decine e decine di verbali, racconta una serie di cose, quelle che aveva raccontato a Panorama più altre.
A un certo punto una fonte che noi non conosciamo, fa sapere alla nuova procura che sta facendo sul serio su Massimo Ciancimino, a differenza dell'altra, guardate che nelle perquisizioni i Carabinieri han trovato molto di più di quel che sapete, come un appunto che parlava di promesse di appoggio elettorale a Berlusconi in cambio della messa a disposizione di una delle sue televisioni. Che fine ha fatto? Vanno a cercare nel processo a Ciancimino e agli atti non c'è. Vanno a cercarla nel verbale di perquisizione e i Carabinieri hanno regolarmente segnalato “in caratteri stampatello, parte di foglio A4 manoscritto contenente richieste all'On. Berlusconi per mettere a disposizione una delle sue reti TV.” Dicono i magistrati: “dov'è questa roba?”, Vanno nel magazzino dove ci sono tutte le cose portate via da casa Ciancimino e non ritenute utili per le indagini e trovano pure questo foglio.
Qui si parla di mafia e di Berlusconi, di attentati possibili, di messa a disposizione di televisioni... ovviamente lo portano nel processo a Dell'Utri e chiamano Ciancimino per chiedergli: “cos'è quel documento?” Ciancimino sbianca, si mette a piangere, entra in confusione, dice l'ha scritto mio padre, no l'ha scritto mio nonno, no l'ho scritto io...” cerca in tutti i modi di distrarre l'attenzione, poi crolla e dice: “quello è un appunto di Provenzano, perché Provenzano aveva una corrispondenza epistolare con Berlusconi e Dell'Utri, mio padre faceva da tramite, a volte segnava le cose, di quell'appunto ci sono varie versioni di mio padre tant'è che in una mio padre scrive 'se Berlusconi non dà quel che voglio io uscirò dal mio proverbiale riserbo perché non ne posso più che abbiamo fatto le stesso cose con la mafia, io sono in galera e Berlusconi è presidente del Consiglio'”. E saltano fuori questi documenti. E' perché è costretto a parlare di Berlusconi e Dell'Utri, dalle carte che gli han trovato in casa, dalle telefonate che faceva con sua sorella sull'assegno, che Ciancimino comincia a parlare di Dell'Utri e Berlusconi, perché non può negare che quelle carte stavano a casa sua e quella telefonata l'ha fatta lui. Ma lui non è mai andato dai magistrati a offrirsi di collaborare, e non è mai andato dai magistrati a offrirsi di accusare Berlusconi e Dell'Utri.
E' dalle condizioni di necessità che a un certo punto è stato costretto a spiegare quelle carte e quelle telefonate, che naturalmente valgono esattamente quanto valevano una settimana fa prima del suo arresto. Le carte la scientifica le ha ritenute autentiche, la telefonata l'ha fatta lui, se poi ha taroccato o qualcuno ha taroccato per lui il documento su De Gennaro questo vuol dire che lui ha calunniato De Gennaro. Del resto, a nessuno è mai venuto in mente di aprire un'inchiesta su De Gennaro sulla base di quella cartolina, i magistrati non hanno mai indagato su De Gennaro.
Processualmente, le carte che erano buone prima sono buone anche adesso, quella cartolina non è mai stata usata in nessun processo e quindi non è buona.
Questo è l'approccio giornalisticamente corretto, e anche giudiziariamente corretto: in america i testimoni di giustizia e i pentiti vengono protetti dallo Stato, gli viene data l'immunità per tutto quello che han fatto prima e dopo, l'immunità dura di solito a vita, le loro dichiarazioni vengono riscontrare, se si scopre che qualcuna è falsa, non vengono incriminati per falsa testimonianza. Semplicemente quello che hanno detto di non riscontrato non è utilizzato.
In Italia, per fortuna, siamo più severi: pentiti e testimoni di giustizia sono tenuti a dire la verità, se non la dicono e calunniano qualcuno vengono arrestati e processati come tutti i cittadini, non c'è nessuna immunità né protezione, anzi è rarissimo il caso di arresto per calunnia. E' rarissimo: se voi calunniate un vostro vicino di casa, è raro che vi arrestino. Vi indagano, ma non vi arrestano.
C'è stato addirittura un surplus di severità in questo caso, evidentemente perché la posta in palio è molto importante.
Speriamo che tra la paura di restare in carcere e la paura di quelli che probabilmente lo minacciano Ciancimino decida di tornare a essere collaborativo sul serio con la magistratura, quindi se c'è qualcuno che lo ha costretto o lo costringe sotto minaccia o ricatto a portare una carta falsa e poi a mettere la firma di fatto sotto quel falso, ci dica chi è e perché lo fa. Se invece dietro di lui non c'è nessuno e ha fatto tutto lui, allora vuol dire che merita il manicomio, il reparto psichiatrico perché è completamente matto.
Ma per rispondere quale è vera e quale è falsa di queste due versioni, dobbiamo aspettare i prossimi giorni con i prossimi interrogatori.
Buona settimana a tutti, passate parola.
[ Kenzo ]
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