NEL BRODO DI COLTURA PARIGINO IL KILLER È DIVENTATO UN VINCITORE
Da Henry Lévy a Carla Bruni, la rete che sostiene il giallista
C’è il “caso Battisti”, le pendenze italiane, la latitanza francese, la prigione brasiliana. Ma c’è anche, e soprattutto, il caso clinico della gauche transalpina, o meglio quell’ambiente molto parigino che un giorno si ispira a Che Guevara e un altro a Voltaire, giostrando disinvolta tra esotiche pulsioni rivoluzionarie e grandi principi di democrazia. Nel comitato di sostegno a Cesare Battisti si son trovati nomi illustri, o comunque molto noti: per prima la scrittrice Fred Vargas, che l’ha foraggiato e protetto, e che ha trovato una sponda persino all’Eliseo nella première dame Carla Bruni, all’origine – pare – dell’incontro con il ministro della Giustizia brasiliano Tarso Genro, al quale ha spiegato la natura di “vittima” del personaggio in questione. Al fianco di Fred Vargas è subito apparso Bernard Henri Levy, filosofo e saggista, vociante moschettiere al servizio dei diritti dell’uomo dalla Bosnia alla Georgia, passando per Russia e Pakistan. Levy, bontà sua, si astiene dal pronunciarsi sulla colpevolezza o meno di Battisti. Non esita invece a denunciare il fatto, assai fantasioso, che di Battisti in Italia si voglia fare l’emblema degli anni di piombo, usandolo come capro espiatorio di tutta la stagione terroristica, e che quindi il poveretto sia vittima di “persecuzione” e “calcoli elettoralistici”. Levy si aggrappa poi a quella che chiama la “stranezza” italiana, secondo lui contraria al diritto europeo: che si possa giudicare una persona in contumacia, e che se il latitante viene arrestato non abbia diritto a un processo tutto nuovo in sua presenza, per quanto la sentenza sia passata in giudicato. Si guarda bene, Levy, dal ricordare l’evasione di Battisti nell’81 e il fatto che nel corso dei diversi gradi di giudizio la legge italiana prevede la presenza della difesa del lati-tante, come nei fatti è avvenuto. Sotto la protezione della Ville Lumière A SOSTENERE BATTISTI sono stati anche Philippe Sollers, il guru delle lettere e dell’editoria francese, che in un secondo tempo, a dire il vero, ha temperato i suoi focosi propositi, dopo essersi accorto di aver sposato non una grande causa, ma una grande cacca di cavallo della quale non controlla gli schizzi. E poi Gilles Perrault, scrittore e “comunista” di radicali convinzioni, disegnatori come Bilal e Tardi e financo i massimi responsabili della Lega per i diritti dell’uomo. Non è stato da menoilsindacosocialistadellacapitale, Bertrand Delanoe, che dopo aver dichiarato Battisti “sotto laprotezione”delComune,ancora nei giorni scorsi straparlava di “presunzione d’innocenza”. Le firme in favore di Battisti, alla fin fine,sonostatecirca12mila:l’ambiente letterario e intellettuale più qualche migliaio di anime tanto candide quanto ignoranti. Perché è stato questo che ha accompagnato in questi anni l’impegno per la scarcerazione di Battisti: la mistificazione costante e puntuale della più recente storia italiana. CimisedelsuoancheErriDeLuca quando scrisse su Le Monde: “La Francia ha avuto bisogno di una rivoluzione per mutare la monarchia in repubblica. L’Italia ha avuto bisogno delle scosse rivoluzionarie degli anni ’70 per acquisire una democrazia...”. Il caso Battisti è stato presentato come il calvario di un uomo rappresentativo di “una generazione di vinti”. Lo stesso Levy ha paragonato l’Italia degli anni ’70 alla Gran Bretagna alle prese con il problema irlandese, o alla Francia durante la guerra d’Algeria. Insomma in Italia, in quegli anni, ci sarebbe stata una guerra civile, e Battisti, come gli altri “rifugiati” , avrebbe il solo torto di averla persa. Battisti e compagnia avrebbero combattuto contro la P2 e i rigurgiti fascisti: nessuno di questi intellettuali si è preso la briga di spiegare (visto che non si presero la briga di capire, trent’anni fa) che i “combattenti” sparavano nella schiena di docenti universitari, magistrati, giornalisti, sindacalisti. O macellai e gioiellieri, come nel caso di Battisti. In questa visione asina e romantica l’Italia è narrata con drammaturgia cilena, dove ai brigatisti tocca il ruolo di “resistenti”. È questo il brodo di coltura del movimento di sostegno a Battisti, quello che gli ha permesso di filarsela da Parigi e approdare in Brasile, che ha amplificato e mediaticamente legittimato le sue affabulazioni, che l’ha santificato come scrittore, quindi intoccabileperlacastadiSaintGermaindes Prés. In qualche salone tappezzato di libri e quadri di gran pregio, ieri pomeriggio, ci si preparava a stappare lo champagne con vista sulla Senna. Quanto a Torregiani: chi era costui?Come abbia potuto rifugiarsi in Francia,e da questo paese sia rimasto in libertà o semi libertà che sia,dalla storia del paese transalpino con le protezioni per i cosiddetti rifugiati politici si conosceva,che lo stesso paese aiuti un pluri condannato per quattro omicidi in Italia e riesca a trasferirlo in Brasile,altro paese con protezioni blindate per questi personaggi,diventa molto meno comprensibile.
Mi auguro che la nuova Presidente brasiliana,come pare,possa finalmente togliere il veto alla protezione,Battisti venga in Italia a scrivere i suoi libri dalla galera,e sconti la pena che gli è stata attribuita.
Mi auguro che lo stesso impegno,la stessa veemenza,molto presente tra gli esponenti dell'attuale esecutivo,vedi il ministro La Russa in pole,sia la medesima allorchè il criminale abbia parteggiato tra le fila dell'estrema destra,altrimenti il gioco delle parti si rivelerebbe alquanto vergognoso e grottesco.
&& S.I. &&
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