giovedì 16 dicembre 2010

Bye,bye Peyrano,l'ultimo cioccolato di questo Natale



Giuseppe Peyrano

Per oltre un secolo è stato
un punto di incontro
per gli estimatori
dell'eccellenza torinese

DI FRANCA CASSINE

C’era una volta una famiglia torinese. Proprio come una fiaba d'altri tempi potrebbe cominciare la storia dei Peyrano e del loro cioccolato, finito ieri nell’elenco dei grandi marchi falliti, con un presente fatto di esercizio provvisorio e un futuro legato ai possibili acquirenti di marchio e laboratori. Una storia fatta di passione, di intuito imprenditoriale, di caparbietà e di tanto lavoro. Una storia che dalle rive del Po ha fatto il giro del mondo grazie a un marchio, quello di Peyrano, diventato sinonimo di cioccolato. E la fama dei prodotti ha raggiunto un livello tale che, nell'era di Internet non poteva mancare un gruppo creato su Facebook chiamato «Amo il cioccolato Peyrano» pieno zeppo di dichiarazioni passionali per le golosità a base di cacao, mentre la Lancia nella gamma di colori della sua Musa ha addirittura creato quello «cioccolato Peyrano».

Il racconto ha radici lontane. Si comincia con Giacomo Peyrano che nulla aveva a che fare con l’attività dolciaria, essendo lui proprietario di un imbarcadero sul fiume Po. A scoprire la passione per i dolci è il suo primogenito, Antonio che diventa apprendista nella ditta cioccolatiera Baratti & Milano, trasferendosi poi nel 1912 con le sorelle Lucia e Giovanna e il piccolo Giacomo (detto Giacolin) ad Ancona.

Qui viene assunto dalla ditta Capobianchi in qualità di tecnico della cioccolata, mentre Lucia ricopre la funzione di responsabile incarto delle caramelle. E’ la laboriosa Lucia che decide nel 1914 di tornare a Torino per avviare l'attività di produzione e vendita di caramelle che prende il nome di Peyrano Lucia, con sede in corso Moncalieri. Purtroppo a causa della guerra il negozio deve chiudere, ma riaprirà nel 1919 e, con il ricongiungimento dei fratelli Antonio, Giovanna e Giacolin, l’attività comincerà a decollare. Grazie anche ai suggerimenti e all’esperienza acquisita da Antonio, nel 1920 i fratelli decidono optare per il cioccolato che viene lavorato rigorosamente a mano. Solo intorno al 1924 verrà acquistato il «mélangeur» che cambierà il modo di creare i prodotti e segnerà l’inizio di un'era di grande crescita per la ditta Peyrano, facendone aumentare a dismisura la fama.

A mastro Antonio succede Giacomo, coadiuvato a partire dal 1932 dalla moglie Angiola e nel 1953 è il turno di Giuseppe, primogenito della coppia, a fare il suo ingresso in azienda che introduce attrezzature tecnologicamente all’avanguardia e consente così di ampliare la varietà dei cioccolatini. Il 1963 segna una svolta perché i Peyrano rilevano la storica pasticceria Pfatisch situata in corso Vittorio Emanuele 76, aggiungendo così all’esperienza maturata nella produzione di cioccolato la nuova sfida della pasticceria (dolce e salata) e quella della confetteria. La boutique viene ribattezzata Peyrano Pfatisch e diventa la seconda sede della famiglia.

E se negli anni Sessanta a Giuseppe subentra il fratello Giorgio con la moglie Bruna e la cognata Giulia, è l’anno 2002 che segna un cambiamento epocale nella storia aziendale. Giuseppe e la moglie Giulia acquistano le quote societarie del fratello Giorgio e della moglie, e le girano a membri della famiglia Maione, gruppo industriale napoletano. Grazie a questa fusione viene ampliato il volume d’affari inaugurando, prima a Napoli poi a Roma e successivamente in tutta Italia, boutique firmate Peyrano.



Sarebbe davvero un peccato se uno dei simboli del cioccolato torinese e piemontese finisse di esistere,ma come spiega bene l'articolo sono anni che la famiglia Peyrano vive una difficile storia societaria,anche il passaggio di mano alla società napoletana non ha avuto i risultati sperati.

@ Dalida @

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