domenica 4 luglio 2010

Nel Dna la verifica se si diventerà centenari

Uno studio di ricercatori dell'università di Boston su Science ha individuato ben 150 mutazioni tipiche di chi invecchia senza malattie. Su questa base è stato messo a punto un sistema per una previsione di vita accurata per ora al 77%. "Forti interessi privati"

di ELENA DUSI





La mappa dei geni della longevità acquista contorni più nitidi. Fino a ieri ne conoscevamo solo una manciata. Ora uno studio su Science offre una pioggia di 150 mutazioni genetiche caratteristiche dei centenari che sono riusciti a invecchiare senza malattie.

Con questa mole di dati i ricercatori dell'università di Boston hanno messo a punto un test della longevità: l'analisi del Dna anche in un neonato potrà prevedere (ovviamente al netto di incidenti o malattie acquisite per cause ambientali) quanti anni vivrà quell'individuo. L'accuratezza di questo test è finora stimata al 77 per cento. Ma potrà aumentare man mano che si progredisce nell'osservazione dei segreti della genetica.

Prima autrice dell'articolo su Science (a cui ha collaborato anche il Cnr italiano) è Paola Sebastiani, ricercatrice italiana trasferitasi a Boston dieci anni fa ed esperta di biostatistica. "Per arrivare ai nostri risultati abbiamo studiato l'intero genoma di 801 centenari. E' stato un lavoro di dimensioni notevoli e non ci stupiamo di aver trovato così tante varianti genetiche. Invecchiare è un processo molto complesso e coinvolge molteplici aspetti della salute. Non potevamo accontentarci di ritrovare solo una manciata di geni".

I grandi anziani coinvolti nello studio (durato dieci anni) hanno un'età media di 103 anni e un record di 119. In un processo chiamato "genome-wide association study" i loro Dna sono stati sequenziati e messi a confronto con quelli di altri mille individui normali (i cosiddetti "controlli"). Incrociando questa enorme mole di dati, i computer hanno estratto le singole variazioni del Dna associate a un invecchiamento di successo.

Sui 150 "punti critici" in grado di preservare il corpo dalle malattie e offrire l'opportunità di 20-30 anni di vita oltre la media si sono ovviamente già tuffate le aziende americane interessate al genoma come business. Qualche settimana per analizzare i nuovi dati usciti su Science, poi sicuramente sul mercato verrà lanciato un qualche kit per il calcolo della propria longevità.

"La pressione delle aziende in questo settore è fortissima" conferma Paola Sebastiani. "Da quando abbiamo iniziato a presentare nei congressi le linee generali della nostra ricerca, l'interesse delle compagnie private si è fatto pressante. Ora i nostri dati diventano pubblici ed entreranno a far parte di un business. Analizzare un test simile però non è affatto banale, perché la sua accuratezza non è assoluta: arriva al 77 per cento. E la componente genetica della longevità conta poco, se non si tiene conto anche dei fattori ambientali e dello stile di vita. Tutto questo andrebbe spiegato a chi si sottopone all'esame". Uno studio condotto nel 1996 sui gemelli aveva determinato che il ruolo dei geni nell'invecchiamento di successo si aggira intorno al 20-30 per cento.

Per arricchire la mappa di coordinate utili alla navigazione, le 150 varianti genetiche caratteristiche dei superanziani sono state raggruppate in 19 grandi aree, ognuna relativa a un problema di salute tipico dell'invecchiamento: malattie cardiovascolari, del metabolismo, défaillances del cervello. Le probabilità di arrivare a cent'anni in salute dipendono dall'incrocio e dalla combinazione di queste varianti. "Il vantaggio offerto dai geni nell'invecchiamento nasce dalla somma di queste diverse modificazioni" spiega Annibale Puca dell'Istituto di tecnologie biomediche del Cnr di Segrate. "Non si è identificata, per ora, un'unica variante che, se ereditata, offra buone probabilità di diventare centenari. Occorre tenere conto delle combinazioni genetiche che influenzano le malattie da un lato e la resistenza a contrarle dall'altro".

[ da La repubblica ]

La ricerca scientifica va avanti,non potrebbe essere diversamente,in questo caso però mi sfuggono le ragioni etiche dello studio,probabilmente ed è l'unico aspetto positivo,più se ne saprà,e meglio si potrà intervenire per migliorare la maggior parte dei "Dna" che non hanno proprietà centenarie.
Altrimenti creare aspettative per l'intera umanità di diventare centenari,si scontra con le condizioni di gran parte di essa,che non solo non potrà mai diventarlo,per ovvie ragioni economiche,ma deve combattere con la propria esistenza quotidianamente.

L'ultimo aspetto,indubbiamente il più indecente,sono le pressioni delle aziende private per conoscere i risultati della ricerca,con tutta probabilità tra qualche tempo assisteremo agli spot pubblicitari,di come diventare centenari "senza scopi di lucro".....

@ Dalida @

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