domenica 28 febbraio 2010

Terremoto in Cile,il pianeta diventato arrabbiato



(Ap)



«Noi abituati alla terra arrabbiata
Ho visto emergere le radici degli alberi»

La testimonianza della scrittrice Carla Guelfenbein

Tutti i cileni possiedono quella che noi chiamiamo una «cultura del terremoto». Da quando ho memoria, ho avvertito centinaia di volte i movimenti della terra. Proprio per questo, quando c’è una scossa, la maggior parte di noi resta semplicemente ferma dov’è e ascolta il pianeta arrabbiato inviare i suoi messaggi. Ma questa volta è stato spaventoso. Dal primo movimento, profondo e fortissimo, sapevamo che questo sarebbe stato un terremoto devastante.

Ero nella mia casa sul lago Ranco, nel sud del Cile, insieme con la mia famiglia e con l’epicentro a circa trecento chilometri. L’abitazione è molto isolata. Il sisma ci ha svegliato. Così abbiamo raggiunto di corsa il portone d’ingresso, dove tutti noi abbiamo imparato dai nostri genitori che bisogna scappare. Ma era completamente buio e tutto stava cadendo: libri, foto, vetri rotti ovunque. Mi sono accorta che mancava mia figlia Micaela, di quindici anni. L’ho sentita gridare. Era chiusa nella sua stanza e non riusciva a uscire. Mio marito ha sfondato la porta per tirarla fuori.

Nel frattempo io e mio figlio più piccolo, di 13 anni, avevamo raggiunto l’ingresso della casa. Sorprendentemente, il terremoto sembra lungo e si possono fare molte cose, è come se il tempo iniziasse a scorrere più lentamente. Guardavamo gli alberi nella campagna circostante oscillare illuminati dalla luce della luna. Ma non nel modo in cui siamo soliti vederli muoversi per il soffio del vento: tremavano fin dalle radici. Quando tutto è finito, non abbiamo avuto dubbi: sarebbe stato un immenso disastro, con molte persone morte proprio in quegli interminabili secondi. Non c’era elettricità, perciò non potevamo capire dalla tv cosa fosse accaduto. Non siamo riusciti a tornare a letto, continuavamo a tremare. Ci siamo spostati tutti insieme nella sala da pranzo. Sono arrivate almeno altre quattro scosse, non forti come la prima, ma comunque potenti.

Ieri mattina lo scenario era desolante: oggetti a terra, la nostra grande finestra rotta e tutto intorno una sensazione di tristezza. Fino alle undici, quando l’elettricità è tornata, non abbiamo avuto notizie né dei nostri cari né del resto del Cile. Quando abbiamo visto le immagini in tv, eravamo devastati. Un’altra calamità per il nostro Paese, i morti, l’intera città di Concepción a terra. E per fortuna che il Cile è attrezzato per i terremoti: se non avessimo avuto edifici antisismici, sarebbero state numerose le città distrutte e la devastazione avrebbe raggiunto le dimensioni atroci di Haiti. Anche le squadre di soccorso sono ben preparate ma al momento molte vie di comunicazione sono interrotte. Saremmo dovuti tornare oggi a Santiago, dove viviamo, ma la strada è distrutta in più punti e non c’è modo di percorrerla. Restiamo qui bloccati, aspettando che venga riparata.

[ da Corsera ]

Il terremoto dell'Aquila un anno fa ha aperto degli scenari inquietanti,passando per Haiti e ora nell'ultima scossa devastante in Cile,di scosse telluriche ogni anno se ne contano migliaia,ma difficilmente si può ricordare una sequenza così terribile,evidentemente il continente americano è sottoposto a giganteschi movimenti nella crosta terrestre.

Chissà quando si verificherà il previsto "big one" che dovrebbe devastare la California,San Francisco e Los Angeles saranno messe a dura prova,davvero un peccato infinito,non poter prevedere l'esatto momento,perlomeno l'evacuazione degli abitanti non permetterebbe la morte di molti di essi.

@ Dalida @

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