Fermi tutti. C’è un nuovo scoop. Il Giornale di Vittorio Feltri ha “scoperto” che Corrado Augias è stato una spia dei servizi cecoslovacchi fra il 1963 e il 1967. E così arrivano in pagina non uno ma ben due articoli, ben due puntate per indagare i segreti della fonte “Donat”, informatore coltivato al servizio del patto di Varsavia. La storia è così splendidamente ridicola, che meriterebbe di essere approfondita. A distanza di quarantanni, vicende come questa – lo abbiamo visto con il dossier Mitrokhin – diventano paradossi storiografici, melma, falsi d’autore, indistinguibili miscele di verità e menzogna. Spesso una spia che vuole mettere una cena in nota spese si inventa una fonte. Dopo mezzo secolo la velina di quella cena salta fuori da un archivio o da una latrina, ed ecco che qualcuno si ritrova nel tritacarne.
Quello che mi interessa di più, però, è il fatto che si sia aperto un ulteriore capitolo nella recente saga che segna il passaggio dal giornalismo “investigativo” al giornalismo “vendicativo”. Non più un giornalismo che scrive le notizie perché le trova, o perché i fatti accadono, ma un giornalismo che deve cercare i fatti, farli accadere, riciclarli (o in casi estremi inventarli) perché c’è l’esigenza di colpire qualcuno. La casistica si allunga ogni giorno: Vittorio Feltri arriva al Giornale ad agosto e apre le danze mettendo nel mirino il direttore di Avvenire Dino Boffo. Si scrive che è stato condannato per molestie e sospetto di omosessualità (non importa quando. Adesso torna utile dirlo). Ma quale è il suo peccato? Aver permesso che su Avvenire (che pure era di centrodestra!) si affacciasse qualche timida critica al premier. Il secondo atto è stato l’attacco al direttore di La Repubblica Ezio Mauro. Ha comprato o no una casa pagando una parte del suo acquisto in nero? Allora vada alla sbarra pure lui: il suo giornale è uno di quelli che ha scritto male del premier. E il giudice Mesiano? Si è permesso o no di esprimere un verdetto ostile al Cavaliere? Nella sua città precipitano gli angeli sterminatori del giornalismo vendicativo, e iniziano a setacciare tutto, dall’anagrafe alla barberia dove il magistrato si va a tagliare i capelli, alla ricerca di una pistola fumante.
Adesso si è arrivati ad Augias, nemmeno fosse la Talpa di Le Carrè. Ma non tiene la rubrica della posta sul quotidiano di Largo Fochetti questo signore? Dunque anche lui è colpevole. Il giornalismo vendicativo è un genere sporco, e questo lo capiscono anche i sassi. E poi magari Augias è anche il padre della moglie, di quel giornalista di Mediaset – Pietro Suber - che si è permesso di dimettersi dal Cdr, dopo le meravigliose inchieste di Mattino 5. Dunque uno che va punito per almeno due buoni motivi. Non è un caso che, sia sul Giornale che a Mediaset, le operazioni siano spesso gestite da persone esterne alle redazioni. Spesso qualcuno prepara la polpetta, e poi la polpetta vaga da una scrivania all’altra, viene passata alle redazioni perché la cucinino a dovere. Per vincere le resistenze dei giornalisti che si vuole far diventare buche delle lettere (minatorie), però, serve un grande sforzo propagandistico e logistico. Se devi fare l’articolo sui calzini turchesi di Mesiano, per esempio, ti serve una collega che abbia un contratto a termine e che non possa dire di no. Se devi fare le scarpe ad Augias, si prende addirittura uno che sul Giornale non ha mai scritto e gli si consegna direttamente la prima pagina: è lo sputtanamento chiavi in mano. Se devi colpire Mauro si ricicla un pezzo pubblicato su un blog addirittura tre anni prima da un giornalista che scrive per un quotidiano concorrente: non è importante cosa si fa e chi lo fa, ma quanto male fa. E poi si dice ai giornalisti di quelle redazioni, che spesso assistono attoniti, o che magari sono combattuti, due cose: 1) In fondo stiamo solo facendo ai nemici del premier quello che i giornali hanno fatto a lui. E poi 2) State tutti in campana perché non c’è nessuno di voi che non abbia uno scheletro nell’armadio. Non si tratta di due minacce inefficaci: in tutti i paesi del mondo non c’è ombra di dubbio che qualsiasi giornale scriverebbe che il premier va a puttane. In Italia non pochi oggi si ripetono: chi la fa l’aspetti. Le prime rasoiate hanno già prodotto la sensazione che tutti possono essere colpiti.
Io non credo, purtroppo, che scrivendo questo articolo posso dare il minimo fastidio ai nuovi angeli sterminatori: è poco meno della puntura di uno spillo. Ma in ogni caso, se dovesse servire, voglio fornire qualche spunto: sono indietro di tre mesi con il pagamento della rata del condominio, ho diverse multe inevase, ho fatto il servizio civile in un quartiere di periferia invece che servire la patria, due settimane fa ho litigato vivamente con mia madre per telefono, e – proprio sotto la redazione de Il Fatto - ho mandato a quel paese un tizio che mi stava urtando il motorino con la sua Mercedes. In un libro che ho pubblicato pochi mesi fa ho intervistato l’ex interprete di Togliatti, uno che al 90 per cento era un agente del Kgb (e mi ha fatto simpatia), per ben due volte ho provato mettermi a dieta e, anziché dimagrire, sono ingrassato. La cosa positiva è che, rispetto all’infamia concettuale del giornalismo vendicativo di conio feltriano, anche lo scheletrino peggiore che riesco a trovare nell’armadio, mi sembra una figurina amena. Ma chissà: magari loro trovano di meglio.
E pensare che tutto sto sforzo vendicativo non servirebbe,il popolo che lo elegge da quindici anni digerisce tutto,figuriamoci palazzo grazioli e villa certosa,per la maggior parte di costoro il premier è un gran figo,al posto suo farebbero altrettanto.
Sicuramente la botta dei 750 milioni di euro hanno pesato,ma sicuramente ci sarà un altro lodo,almeno per rateizzare all'invero simile.
Attento a te Luca,tu poi sei considerato la serpe che avevano in seno,dovresti essere quasi in pole position,le "malefatte" che hai elencato sono nulla,sapranno inventarsi qualcosa di più corposo,e non sarà legato alla dieta alimentare...
&& S.I. &&
In via del tutto eccezionale inseriamo la replica di Corrado Augias da La repubblica
Ieri mattina ho dovuto comprare Il Giornale avendo ricevuto alcune telefonate divertite, indignate, sorprese. Così ho scoperto - insieme ad una mia gigantesca foto sulla prima pagina - di essere precocemente stato, dal 1963 al 1967, una spia al soldo dei servizi cecoslovacchi.
Ho scoperto anche di avere avuto un nome in codice "Donat", di non essere stato remunerato, a parte un uovo di Pasqua, dato che la mia attività era svolta per simpatia politica verso quel regime. È un'accusa talmente ridicola che non varrebbe la pena neanche di rispondere: ma questi sono i tempi in cui viviamo, in cui si è costretti a reagire alle calunnie mediatiche. Ho letto il servizio e mi sono chiesto il perché di tutto quel chiasso.
A che cosa si riduceva l'attività spionistica che avrei svolto? Certo, se fossi un responsabile dei servizi segreti licenzierei me stesso e anche il "contatto". Azzardo l'ipotesi che l'interesse dell'agente cecoslovacco fosse soprattutto quello di restare a Roma che certo era molto più allegra di Praga e nonostante tutto lo è ancora. Che cosa non si scrive per mantenere una sede gradita. "Contatto" modesto, le informazioni sul mio conto riportate sul Giornale sono sbagliate nei fatti e si potrà dimostrare, se sarà necessario, anche in tribunale. Il "rapporto" poi si sarebbe chiuso perché "non soddisfacente", un risvolto finale quasi grottesco.
All'epoca lavoravo ai Programmi per l'Estero della Rai e mi occupavo di teatro sia come critico sia per qualche testo che ho scritto. Ebbi numerosi rapporti con diplomatici stranieri di svariate nazionalità, buone e cattive. Sono andato a Berlino Est a prendere contatti con il Berliner Ensemble di Brecht, sono stato due volte a Praga a preparare un numero speciale della rivista "Sipario" sul teatro cecoslovacco. Sia a Berlino che a Praga ho incontrato molte persone, alcuni li conoscevo, altri no. Di che cosa si parlava? Dei programmi ovviamente ma poi anche del governo, dei giornali e della Rai. Sono passati quarant'anni, mi rendo conto scrivendo che oggi le cose sono maledettamente le stesse. In Italia, ma anche all'estero, appena uno si siede a tavola tutti cominciano a parlare del governo, dei giornali e della Rai, una specie di destino.
Leggo che incontravo il mio "contatto" a Roma, al bar Rosati di piazza del Popolo. Si può immaginare imprudenza maggiore? Come insegnano i romanzi di Le Carré che abbiamo divorato da giovani, le spie si incontrano in un parco, depositando i documenti nel cavo di un certo albero. Oppure, più romanticamente, si vedono dietro il convento delle Carmelitane Scalze, possibilmente all'alba. Soprattutto mai da Rosati, perché Rosati anche oggi, ma più allora, era uno dei posti più frequentati di Roma, ci andavano tutti anzi a un certo punto si disse: basta Rosati! Più semplice a dirsi che a farsi perché il posto era (è) comodo e gradevole. C'era spesso Giancarlo Fusco a tenere banco. Una sera ricordo che passò un camioncino che annunciava con l'altoparlante un comizio del Msi. Fusco si mise a corrergli dietro rifacendogli il verso con la mano a trombetta col rischio di farsi pestare di brutto.
La direzione della Rai si trovava in via del Babuino 9 dove c'è adesso l'Hotel de Russie. Rosati è di fronte e l'orario degli incontri era proprio quello che dice il "contatto" cioè verso le 18-19 uscendo dall'ufficio per bere qualcosa e fare quattro chiacchiere prima di rientrare. Ero un giovane funzionario, avevo pochissime informazioni di rilievo e un po' mi dispiaceva.
Infatti leggo che l'interesse nei miei confronti derivava soprattutto dal fatto che il padre di mia moglie era un alto ufficiale dell'Aeronautica militare (come mio padre, del resto) sottocapo di Stato maggiore che aveva ricoperto anche importanti incarichi in ambito Nato. Qui la faccenda diventa seria perché il generale Pasti è morto e già una volta si è tentato di infangarne la memoria. Do un dettaglio per far capire che tipo di uomo e di ufficiale era. Con mia moglie scoprimmo solo anni dopo, leggendolo sui giornali quando scoppiò lo scandalo Lockheed, che il generale Pasti era stato silurato perché contrario all'acquisto dei C-130 Hercules. Aveva subodorato che c'era del losco, come poi si seppe. Gli aerei vennero acquistati ugualmente ma Andreotti non glielo perdonò e venne rimosso. L'uomo era di tale riservatezza che di tutta quella storia da lui non sapemmo mai una parola. E impensabile che mia moglie Daniela abbia dato a chicchessia gli elenchi telefonici interni del ministero dove lavorava il padre.
Nel 1967 sono stato trasferito alla Rai Corporation di New York. Il visto "I" (Information) mi venne rilasciato dopo che avevo assicurato di non essere membro o attivista del Pci. Si sa come funziona negli Stati Uniti: si presuppone la buona fede, uno firma un modulo e finisce lì. Se però poi si scopre che uno ha barato, gli americani si innervosiscono e l'espulsione è immediata. In ogni caso poiché fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, all'arrivo a New York (via nave) venni invitato da un signore dei servizi d'informazione che mi intrattenne in un lungo e cordiale colloquio. In realtà era un interrogatorio appena mascherato sotto una formale cortesia.
Nell'accusa lanciata dal Giornale di Feltri s'è subito infilato il presidente emerito Cossiga insinuando il dubbio che il racconto possa essere veritiero. D'altronde bastano dubbi e sospetti per seminare la calunnia. E infatti dal quotidiano di Feltri non ho ricevuto neanche una telefonata che avrebbe chiarito.
Ma le telefonate non si fanno perché non me direttamente si è cercato di colpire ma, attraverso me, ancora una volta, il giornale su cui scrivo. Ormai è chiara l'azione di pestaggio mediatico, versione aggiornata del vecchio manganello. Si fruga dove si può, si cercano pezzi di vita che possano sporcare qualcuno e poco importa che siano o no veri.
L'importante è sparare un titolo, una foto, la consegna è calunniate calunniate qualcosa resterà. E' toccato ad altri, ieri a me. Basta parlare male del capo, e prima o poi arriva il colpo. Molta voglia di far male, per fortuna sbagliano quasi sempre mira.
Lo scoop da cioccolataio del solito noto
&& S.I. &&
2 commenti:
I soliti comunisti falliti....
Legga meglio "il Giornale". Vedrà che non è stata un'invenzione di Feltri, ma rivelazioni dei servizi segreti dell'ex Cecoslovacchia (finalmente hanno aperto gli archivi...).
Ha dato buona prova di manipolazione! Complimenti!
M. L. Milani
Si vada a leggere la replica di Corrado Augias,la solita "feltronata",come un cane da tartufi deve portare trifole all'editore,peccato che si rivelino patate atrofizzate del tempo che fu.
L'indirizzo html,
http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-30/attacco-augias/inte_17008595_20520.jpg
Anche se aggiorno il post con la replica e la prima pagina del feltrone nazionale a riguardo della spietata spia....
Complimenti a lei nel seguire la spazzatura giornalistica del solito noto
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