venerdì 14 agosto 2009

Giorgio Bocca e le accuse all'arma



L'articolo integrale di Giorgio Bocca,tratto direttamente da L'Espresso

L'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il capo siciliano della mafia Totò Riina, lo scrittore della sicilitudine Leonardo Sciascia,il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso dalla mafia perché la conosceva bene, Massimo Ciancimino il figlio del sindaco mafioso di Palermo don Vito e altri esperti della onorata società hanno spiegato invano agli italiani che il problema numero uno della nazione non è il conflitto fra il legale e l'illegale, fra guardie e ladri, fra capi bastone e le loro vittime inermi, ma il loro indissolubile patto di coesistenza. L'essere la mafia la mazza ferrata, la violenza che regola economia e rapporti sociali in province dove la legge è priva di forza o di consenso.

Eppure la maggioranza degli italiani non se ne vuol convincere, si rifiuta di crederlo e quando il capo della mafia Totò Riina fa sapere che l'assassinio del giudice Paolo Borsellino è stato voluto o vi hanno partecipato i tutori dell'ordine, ufficiali dei carabinieri o servizi speciali, il buon italiano si dice: è l'ultima scellerataggine di Riina, mette male nel nostro virtuoso sistema sociale. Se ci sono due scrittori italiani e siciliani che hanno larga e meritata popolarità nel paese essi sono Giuseppe Tomasi di Lampedusa autore del 'Gattopardo' e Andrea Camilleri i cui libri sono in testa alle vendite, salvo il libro migliore, uno dei primi edito da Sellerio in cui spiegava per filo e per segno i compromessi fra mafia e Stato su cui si fonda l'unità d'Italia.

Senza alcuna presunzione di avvicinarmi a questi maestri, vorrei umilmente ricordare ai miei connazionali le ragioni per cui il capo delle mafie Totò Riina ha potuto scrivere il famoso 'papello' al capo del governo italiano per chiedergli, come ora ci fa sapere Massimo Ciancimino custode del documento, se, viste le buone relazioni correnti, il capo del governo non poteva mettere a disposizione del capo della mafia una rete della televisione. Proprio come chiesero e ottennero la Terza rete i comunisti quando condizionavano il mercato del lavoro.
Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco mafioso di Palermo, ha detto o lasciato capire che i carabinieri 'nei secoli fedeli' si attennero nelle operazioni di mafia ad attenzioni speciali, clamorosa quanto rimasta senza spiegazioni credibili la mancata perquisizione nella villetta in cui Riina aveva abitato e guidato per anni la 'onorata società'.

Del pari sono rimaste senza spiegazioni le accuse e le richieste di chiarezza mosse, quando era sindaco a Palermo, da Leoluca Orlando. Eppure una ragione del 'comportamento speciale' della più efficiente polizia italiana verso la mafia c'è ed è evidente: i carabinieri, come la mafia, non sono qualcosa di estraneo e di ostile alla società siciliana, fanno parte e parte fondamentale del patto di coesistenza sul territorio, di controllo del territorio condiviso con la Chiesa e con la mafia. In ogni paese siciliano accanto alla Chiesa e al parroco c'è una caserma dei carabinieri e una cosca mafiosa. Spiega Camilleri nel suo aureo libretto: i parroci sono persone oneste, ma sanno che a mettersi apertamente contro la mafia restano isolati, senza sussidi, senza ragazzi negli oratori. E i carabinieri? I carabinieri, specie quelli che arrivano da altre provincie, sanno che la loro vita è appesa a un filo che un colpo di lupara può raggiungerli in ogni vicolo, in ogni tratturo. Non è naturale, obbligatorio che si creino delle tacite regole di coesistenza o di competenza?

[ da L'Espresso ]

Sono supposizioni,sospetti,deduzioni del tutto personali,non esiste una prova concreta di una integrale collusione o patto di non belligeranza tra mafia e carabinieri,è difficile pensare che migliaia di carabinieri,quando vengono inviati in Sicilia sono integralmente indottrinati nel sapersi comportare dentro il territorio,intendo con la criminalità organizzata per il buon vivere.

Forse toccherebbe interrogarsi su chi comanda in modo effettivo a livello politico,economico,ovvero nel fare marketing o joy venture con la criminalità organizzata.

Mi pare sia un detto siciliano,il quale afferma,il pesce puzza dalla testa e che vi sia un ovvio condizionamento su chi fa il soldato semplice.

A Giorgio Bocca arriveranno sicuramente querele,se ne difenderà,personalmente ritengo che abbia sbagliato fondamentalmente il bersaglio,e che vi sia risentimento mi pare umano.

&& S.I. &&

3 commenti:

Dott. House ha detto...

Dire che al sud ci sia un problema di "guardie contro ladri" è una pillola di populismo che da decenni ci fanno mandare giù.
Dire in modo vago e generale che politica e forze dell'ordine sono culluse è a mio parere altrettanto populismo. Mi dispiace, da lettore de L'Espresso, che Giorgio Bocca abbi SBrOCCATO così con questo articolo.
Mi vine in mente l'emblematica strofa di De Gregori " e dicono che sono tutti uguali, che rubano tutti alla stessa maniera, ma è solo uno modo per chiuderti dentro casa quando viene la sera".
Se si vuole contribuire, da giornalisti, intellettuali, bloggari o semplici cittadini, in modo costruttivo ed ognuno con propri limiti e responsabilità, su questi temi, non bisogna lanciare accuse generalizzate ma fare nomi e cognomi, essere precisi. Forse per questo Bocca parla di mafia ma non ha bisogno di vivere scortato mentre Saviano parla di cammorra e i mafiosi vogliono farlo fuori, nessuno dei due mente, ma solo uno dice qualcosa di veramente utile!

Ivo Serenthà ha detto...

Chi può fare nomi e cognomi su fatti e criminalità organizzata deve possedere due "palle" molto dotate,vivere alla Saviano pare non piaccia manco più a lui,il condizionamento che ne deriva è mostruosamente impossibile.

Detto ciò,lo sbrocco di Bocca,lo considero uno sfogo d'un uomo arrivato ad una certa età,che prende atto dell'impossibilità di sconfiggere in modo definitivo la mafia,con i dovuti distinguo il paragone non regge,ma è come sparare sul pubblico impiego,senza sfiorare o bastonare chi dirige i semplici impiegati,ogni riferimento a "brunetta dei ricchi e poveri" non è puramente casuale...

Uno sfogo particolarmente sbagliato,considerato la sua esperienza,fare d'un erba un fascio,può dire tutto e dire nulla.

E le inevitabili querele sono solo un dettaglio,in questo caso si "aiuta" a delegittimare chi rischia onestamente la pelle facendo bene il proprio lavoro.

Anonimo ha detto...
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