Giovani violentate e segregate
Centotrentacinque euro. Ci sono posti in Africa dove con questa cifra si va avanti per mesi: acqua, cibo, farmaci, un po' di vestiti. In Nigeria corrispondono alla somma di 20.000 naira, un piccolo, effimero tesoro che per un contadino o un operaio può rappresentare la paga di oltre un anno di lavoro. Per 20 mila naira c'è chi è disposto a tutto, anche a vendere una vita umana. A Enugu, una delle città più povere nel sud del Paese, c'è un posto in cui di vite ne sono nate tante, e altrettante sono state comprate, immesse sul mercato e vendute al miglior offerente.
A scoprirlo è stata la polizia locale, in un luogo sulla carta tanto sicuro quanto lontano da ogni squallido commercio: un ospedale, una clinica per maternità molto conosciuta in zona, affollata di giorno, troppo silenziosa di notte, quando nei corridoi e nelle sale operatorie cominciava tutta un'altra attività che coinvolgeva medici, infermieri e personale esterno.
Secondo le prime ricostruzioni della polizia nigeriana, che ha fatto irruzione nella struttura, il medico responsabile dell'ospedale di Enugu attirava giovani donne che portavano avanti gravidanze non desiderate, proponendo loro di aiutarle ad abortire. Le adolescenti venivano invece rinchiuse fino al giorno del parto, poi, il baratto: il neonato in cambio del piccolo tesoro, 20.000 naira, senza possibilità di scelta. Per chi decideva di non separarsi dal proprio bambino erano botte.
I pargoli venivano poi venduti, a nigeriani ma anche a stranieri bianchi per una cifra che oscillava tra i 300.000 e i 450.000 naira (2.000-3.000 euro).
Per molte donne ricoverate non c'è stato neanche il cambio in denaro. Una volta entrate in clinica venivano drogate, violentate, costrette a partorire e allontanate dal proprio bambino. A raccontarlo alla France Presse è stato una diciottenne, una delle 20 ragazze liberate dopo l'irruzione della polizia: «Mi hanno fatto un'iniezione e sono svenuta, quando ho ripreso conoscenza mi sono resa conto che ero stata stuprata, poi mi hanno rinchiuso e il medico ha abusato di me più volte».
Secondo il responsabile locale per la sicurezza, Desmond Agu, ad entrare in ospedale, in alcuni casi, erano donne molto giovani e molto povere «che ricorrevano a questa pratica volontariamente». Ma nella clinica Enugu c'erano anche «donne ricoverate da tre anni, ingravidate da ragazzi chiamati appositamente dal primario della clinica, quindi obbligate a fare figli in condizioni di schiavitù». In alcuni casi, i bambini vengono dati alla luce per avere più manodopera o farli prostituire.
Secondo le organizzazioni locali che da anni si battono contro il traffico di essere umani - così come riportato dalle agenzie di stampa - la pratica non è rara in Nigeria, il Paese con il maggior numero di abitanti del continente africano, pari a 140 milioni. Non esistono dati precisi sulle «fabbriche dei bambini», come sono state ribattezzate dalla stampa nazionale, e sul numero di neonati destinati ogni anno alla vendita, ma secondo gli attivisti si tratta di un'attività diffusissima, gestita da organizzazioni molto strutturate. «Pensiamo siano più grandi di quanto sappiamo», dice Ijeoma Okoronkwo, direttore regionale dell'Agenzia nazionale per il bando del traffico di esseri umani.
Le strutture simili alla clinica di Enugu scoperte finora nel Paese sono almeno una decina. «Tutto questo esiste da tempo - ha aggiunto Okoronkwo - ma noi ne siamo al corrente solo dal dicembre 2006, quando un'ong ha lanciato l'allarme e ci ha segnalato che i neonati venivano venduti e che vi erano coinvolti gli ospedali».
Ma chi compra i bambini? Secondo la polizia e le organizzazioni umanitarie si tratta soprattutto di gente del posto. Nella società nigeriana la sterilità di una donna sposata è un fardello e c'è gente disposta a a pagare qualsiasi cifra per comperare un bambino. «Molte pesone - afferma Okoronkwo - non sanno neppure che quel che fa è fuori legge, credono si tratti di una adozione».
Nigeriani, dunque, ma nessuno esclude che il traffico possa essere alimentato anche da stranieri, europei o americani - come accade già in altri Paesi dell'africa subsahariana - persone per le quali 2.000, 3.000 euro rappresentatno una cifra irrisoria. Intanto, le "fabbriche" continuano a produrre, incrementate da un ritmo che, secondo dati Unicef, varia da i 10 ai 15 bambini venduti ogni giorno.
[ articolo tratto da l'unità ]
Nonostante queste notizie suscitino pochissime reazioni,vuoi per abitudine,poichè nel continente africano le violenze d'ogni sorta sono ricorrenti e le cronache quasi stancamente ne prendono atto,è importante diffondere il più possibile la drammaticità del fenomeno,essendo la Nigeria povera ma non alle prese d'una guerra civile,perlomeno l'Unicef e le autorità occidentali possono con controlli mirati cercare di contenere il fenomeno.
@@ post inserito da Dalida @@
1 commento:
Come hai detto tu queste notizie suscitano poche reazioni, quindi le autorità non ritengono importante intervenire... Si muovono solo quando hanno un risconto mediatico... Un saluto
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