giovedì 26 dicembre 2019

Classifiche,statistiche del tenore di vita e dove vivere meglio in Italia



















di Alessandro Robecchi

L’Italia reale, dunque. O almeno l’Italia reale delle classifiche. O meglio l’Italia reale delle classifiche che il Sole 24 Ore compila con certosina perizia ogni anno, e quest’anno anche. Sei maxi-indicatori, raccolta dati impressionante, che consente una divertente immersione, un carotaggio nelle sfighe (parecchie) e nelle gioie (pochine) del Paese, e che dovrebbe rispondere alla ferale domanda: alla fine, dove sarebbe meglio vivere?

A Milano, dicono.

Ora è chiaro che bisogna fare la solita premessa, sulle medie, gli indicatori, le somme e le sottrazioni, oltre al dubbio se si possa davvero fotografare una cosa personale e variabile come la “qualità della vita”. “Non mi fido molto delle statistiche, perché un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore statisticamente ha una temperatura media”. Lo diceva Charles Bukowski e tenderei a dargli ragione.

E’ comunque istruttivo, quando si hanno dei numeri in mano, giocare un po’ alla ricerca di paradossi. Esempio: se davvero siete ossessionati da Giustizia & Sicurezza, come la grancassa mediatico-salviniana ci fa intendere da un paio d’anni, dovete andare a vivere a Oristano, prima in classifica per questo indicatore.

Ma poi, se i luoghi comuni sono comuni un motivo ci sarà, e quindi ecco Milano al primo posto per Affari & Lavoro, al secondo per Ricchezza & Consumi (dopo Aosta, saranno milanesi espatriati in montagna, vai a sapere), terza per Cultura & Tempo libero. Peccato certi dettagli: Milano vanta il primato nella densità dell’offerta culturale (2.059 spettacoli ogni 10 km quadrati), ma è quarantunesima per librerie (8,3 ogni 100.000 abitati), e ancora più giù per quanto riguarda le biblioteche: sessantaseiesima. Bene ma non benissimo. Prima per reddito medio complessivo per contribuente, prima per depositi bancari pro-capite, la capitale morale, faro e modello per il Paese, è prima anche per il totale dei delitti denunciati, piazzata benissimo su rapine, estorsioni e reati informatici, e insomma, dove ci sono i soldi ci sono anche quelli che li fregano, sembrerebbe una legge di natura. Risponde il sindaco Sala che è un posto dove i reati vengono denunciati, e questo spiega il dato. Vero, probabilmente. Emerge anche, però, un certo nervosismo degli abitanti, dato che ogni 100.000 milanesi ci sono più di 3.600 cause civili, e questo a parte il fatto che è piuttosto rischioso girare a piedi, in macchina o con altri mezzi (8,2 tra morti e feriti ogni 1.000 abitanti). Qualità della vita, ma attenti a attraversare.

Del resto, il primato di Milano, se ci aggiungiamo anche l’exploit della Brianza Ridens (Monza e Brianza sale al sesto posto, dal ventesimo di quattro anni fa) non è che la conferma di quel che si sapeva: il Nord nelle alte posizioni, il Centro piazzato decentemente, il Sud tramortito ai piani bassi della classifica. Nelle prime venti posizioni (con l’eccezione di Roma e Cagliari) c’è solo Nord; nelle ultime venti (con l’eccezione di Rieti e Imperia) c’è solo Sud, e la prima città meridionale in classifica è Bari, sessantasettesima.

Rimane aperto il quesito iniziale, cioè se si possa veramente disegnare una mappa della “qualità della vita”, ma è argomento troppo vasto per questa piccola rubrica. Tocca accettare la media come ulteriore beffa a chi viene per ultimo, a chi la abbassa, a chi non è primo per reddito, né per depositi bancari, oppure a chi nella tabella Affari & Lavoro non può dire quanti lavori o lavoretti deve fare per mettere insieme un reddito quasi intero. Spiacenti, la classifica ci dà la media, il famoso pollo di Trilussa, la cui funzione specifica è compattare gli estremi, il reddito medio è quello di chi ordina il sushi più il reddito di chi glielo porta in bicicletta, diviso per due. La qualità della vita, la testa nel forno, i piedi nel congelatore, appunto.

DAL BLOG ALESSANDROROBECCHI.IT

Le statistiche vanno a controllare il tenore di vita,il lavoro,i servizi,la cultura e il tempo libero,bene nulla da contestare,sono importanti segnali per chi abita ovunque,e se mi sono dimenticato altro chiedo venia.

Non ho idea se nelle statistiche hanno inserito le migliaia di giovani o meno giovani che sono espatriati per reperire opportunità lavorative,poichè si sa che nel lombardo-veneto questa emorragia è limitata,mentre in altre regioni e soprattutto nel mezzogiorno questa si rivela sostenuta.

Un altro segnale importante è la denatalità,ormai in negativo e da parecchio sulle nostre latitudini,al di là che questo trend comporterà l’insostenibilità del sistema pensionistico nei prossimi decenni,questo si che è un segnale di malessere,diffusamente non c’è occupazione che dia garanzie per mettere su famiglia,e per i pochi che intraprendano la natalità i servizi sono parecchio deficitari,dagli asili nido alle scuole materne paiono un terno al lotto nel poter iscrivere il pargolo,e poi si sa in molte realtà lavorative quando le donne vanno in maternità le difficoltà del rientro all’occupazione pare reso molto difficile,per non parlare dell’assunzione capestro se si rimane incinta,esiste anche questo aspetto nel vivere l’inizio del terzo millennio, almeno per ciò che ho potuto osservare in Italia,e non è un bel vedere.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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