martedì 17 novembre 2009

I soldi per salvare Alitalia,prelevati dai fondi sulla ricerca scientifica



Il piccolo Daniele Amanti con i genitori,il bambino soffre di una rara distrofia,solo una colletta potrà salvarlo



POSTA: Fondo Daniele Amanti - Istituito presso il Parent project onlus c/c n°94255007

BONIFICO: Banca di Credito Cooperativo di Roma

Iban: IT38V0832703219000000005775
(Intestato a: Parent Project Onlus. Causale: Fondo Daniele Amanti)

CARTA DI CREDITO:
http://www.parentproject.org/italia/index.php?option=com_content&task=view&id=276&Itemid=36


Aprile 2008: il governo stanzia 300 milioni di euro per evitare il fallimento della Compagnia di bandiera. In parte arrivano dai progetti scientifici

di Luca Telese


Una ennesima vergogna italiana. I soldi previsti per la ricerca, improvvisamente “dirottati” per ripianare i debiti di Alitalia. Niente fondi, insomma, per implementare quelli realizzati con Telethon, ma strappati, ufficialmente, per un prestito, il celeberrimo “prestito-ponte”. Ma che adesso, invece, rischiano di diventare l’ennesima sovvenzione a fondo perduto ad una delle tante imprese fallimentari di questo paese. Un finanziamento che quasi sicuramente – a meno che il governo o la società che gestisce la liquidazione della compagnia aerea non intervengano con decisioni straordinarie – non torneranno mai nelle mani dei ricercatori a cui erano stati promessi.

Possibile? Purtroppo, nello stato in cui le cose si trovano adesso, e secondo le dichiarazioni del commissario straordinario Augusto Fantozzi, per ora sembra questo l’esito scandaloso e ineluttabile del meccanismo che si è messo in moto. Nessuno ha la responsabilità diretta di questo esito. Tutti hanno fatto un piccolo passo perché questo accadesse: governi di destra e di sinistra, amministratori vecchi è nuovo. La catena dell’irresponsabilità che distrugge il lavoro della catena della solidarietà. E – per un paradosso nel paradosso – man mano che i beni e i patrimoni della vecchia Alitalia vengono dismessi per far cassa di fronte alle richieste dei creditori, una lista di priorità già decisa farà sì che, prima di restituire i soldi, si rimborsino persino – tanto per fare un esempio – i fornitori di cioccolatini dei voli business class. Per ricostruire l’incredibile trama di questo complicato intrigo, che risale all’aprile 2008, molto prima che il nostro quotidiano nascesse e, che allora i giornali tennero (più o meno volontariamente) in ombra, bisogna ritornare agli ultimi giorni del governo Prodi. In quelle ore fu pensato e realizzato il cosiddetto “prestito-ponte”, che doveva aiutare l’Alitalia a far fronte alla sua crisi e ai suoi conti in rosso fra la vecchia gestione e la nuova che – fra polemiche di ogni tipo – si preparava. In quelle ore, sul tappeto, c’erano due ipotesi: il fallimento e la rinascita del marchio con la creazione di una nuova società, che venisse liberata grazie alla nascita di una cosiddetta “bad company” che gestisse i vecchi crediti; oppure il salvataggio da parte di un’altra compagnia che rilevasse i crediti e il marchio. Come è noto prevalse la prima opzione, quella sostenuta da Silvio Berlusconi. Ma perché si verificassero entrambi i casi, era necessaria una immediata iniezione di liquidi, che permettesse la prosecuzione dei voli, e il pagamento delle forniture essenziali a partire dal carburante. Il prestito-ponte fu deciso dal governo Prodi per questi obiettivi. Per realizzarlo, il governo fu costretto a raccattare risorse in ogni angolo possibile del bilancio fino a raggiungere quota 300 milioni euro. Una delle scelte più dissennate fu quella di attingere anche ai fondi raccolti per la ricerca; soldi che dovevano implementare quelli raccolti da Telethon. In quei giornidella primavera 2008, con grande fermezza protestarono il responsabile scientifico del programma di solidarietà, Andrea Balabio e la presidente onoraria di Telethon , Susanna Agnelli. Tutto inutile. La Agnelli disse sarcastica: “Ci vuole davvero tanta ricerca per salvare l’Alitalia…”. Nessuno, tra coloro che prese la decisione, le rispose.

La beffa nella beffa è rappresentata da una promessa che al momento dell’accordo sia il governo (era già in carica Silvio Berlusconi) sia il commissario straordinario Augusto Fantozzi sottoscrissero solennemente: i 300 milioni di euro sarebbero stati restituiti entro il dicembre del 2008. Un bel regalo di Natale. Peccato che non sia mai stato consegnato. La società liquidatrice, come ha magistralmente raccontato Sergio Rizzo in un illuminante capitolo del suo libro sullo scandalo degli sprechi italiani (“Rapaci”, Rizzoli, che tutti dovrebbero leggere) deve svendere il patrimonio accontentando i cosiddetti “creditori privilegiati”.

Il primo è lui stesso, insieme con gli stipendi della struttura che dirige. Il secondo (più di un quarto di milione) sono le liquidazioni degli ex dipendenti Alitalia (ed è sacrosanto che siano onorate, ovviamente , come tutti gli altri scoperti). Il terzo in ordine di priorità sono i fornitori essenziali che hanno mantenuto in vita Alitalia nel periodo di crisi (ad esempio, con le sue forniture, l’Eni). Poi vengono i fornitori abituali (ed ecco ad esempio la ditta dei cioccolatini) e infine, solo per ultimo, c’è lo Stato. Ma questa restituzione non dovrebbe essere una farsa italiana per almeno un buon motivo: l’Europa aprì una infrazione contro il nostro paese ipotizzando che il prestito non fosse un credito a termine ma un aiuto a fondo perso. Che in questo caso avrebbe violato le regole della concorrenza con le altre compagnie. E’ esattamente quello che sta accadendo. La beffa nella beffa è in quella scala di priorità che vede per ultima la restituzione al Tesoro, cioè anche al Telethon, cioè alla ricerca.

Un meccanismo che fa sì che i cittadini italiani paghino due volte, e che i malati paghino carissimo.

Una vergogna a cui qualcuno, in questo paese – se fosse ancora un paese civile – dovrebbe subito mettere fine. Lo scandalo Alitelethon.



Risparmiano sulla ricerca scientifica,sulla pubblica istruzione e parlano di piccolo mondo antico verso chi ha manifestato sabato,denunciando la difficilissima situazione occupazionale e con un futuro ancor più problematico,mentre gli annunci governativi sono degli spot stile pubblicità dell'ottimismo.

Seppur sia durissimo affermarlo,la ricerca scientifica dei grandi gruppi farmaceutici,è rivolta verso le malattie più diffuse,loro non investono dove non esiste un ritorno economico,i fondi spariti dirottati dalla ricerca scientifica alla compagnia aerea nazionale,danno un esempio palese da chi siamo governati.

Solo la spontanea umanità potrà portare la speranza per il piccolo Daniele

&& S.I. &&

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