lunedì 29 dicembre 2008

Parco nazionale del Gran Paradiso,la strage degli animali

Gli stambecchi lasciati
morire dai guardiaparco




Nel Parco del Gran Paradiso, da Ceresole a Valprato Soana, i prossimi giorni le previsioni meteorologiche dicono neve: quasi tutti i bollettini promettono compatti una spessa coltre, che si aggiungerà a quella caduta le scorse settimane. Per gli animali, fra le rocce, sui pendii e sui pascoli più alti, sarà una guerra, una decimazione, un esodo: i predatori scenderanno più a valle, volpi, cinghiali, caprioli ed erbivori tenteranno di fare altrettanto, nel tentativo di sfamarsi. I camosci, che sanno scavare, potrebbero anche seguire il fiuto e l’istinto per arrivare all’erba, ma cosa fare quando c’è così tanta neve da obbligarti a fare un buco di due metri? Sarà una strage.

Gli ungulati abbandoneranno i loro fragili rifugi (gli ultimi sono vicino ai tronchi, dove i rami impediscono che la neve si ammassi troppo) e cercheranno scampo: «Le recenti nevicate mettono in serio pericolo la sopravvivenza di un’elevata percentuale di animali dell’area protetta. Ad essere colpiti saranno soprattutto gli erbivori», dice un comunicato del Parco. Sintetico, si può tradurre: altra neve coprirà quel niente di pascolo rimasto (davvero poco) e l’inverno per gli animali sarà ancora più lungo e infame. Non tanto per i circa 2600 stambecchi, che sono ancora in forze perché devono affrontare la stagione degli amori (per questo sono rimasti ancora sotto le cime) quanto per i camosci (circa 11 mila), che da tempo hanno cominciato a scendere più in basso ormai sfiniti dagli accoppiamenti. Due anni fa, sui contrafforti della Valsavarenche, il cuore più duro, difficile e ingrato del Gran Paradiso, il problema era opposto: temperatura mite, pochissima neve, siccità. Un inverno mostruoso, travestito da estate. Ora il continuo rischio di valanghe: Impossibile muoversi aldilà delle strade», dice il responsabile del servizio scientifico del parco, Bruno Bassano.

«Bisogna aiutare gli animali in difficoltà!». Gli animalisti sono pronti a impegnarsi ma l’ipotesi di portare cibo agli animali è surreale per gli esperti del Parco: come foraggiarli, con lanci di fieno dall’elicottero? E’ il caso, di fronte a una selezione naturale che la natura compie da millenni? I più vecchi, i più deboli, gli «sfortunati» (qualcuno dice addirittura la metà degli undicimila esemplari) moriranno di fame, o sotto una valanga. I lupi marceranno in fila indiana sulla neve, per cercarne le carcasse. Ha diritto, l’uomo - soprattutto se si tratta di specie non a rischio di estinzione - di intervenire così pesantemente sulle dinamiche naturali? Avvenne anche nel 1946 e nel 1972, anni di grandi nevicate a Ceresole Reale e nel parco del Gran Paradiso, ancora più eccezionali, disastrose. Trovarono morti centinaia di animali, molta gente rimase isolata per settimane, senza luce o telefono.

La natura non è né benedetta né maledetta, né buona né cattiva. Tutti sanno, e lo sapeva un grande scrittore e grande firma de La Stampa - Mario Rigoni Stern - che «quando finisce settembre, lassù in alto, la montagna diventa selvatica e inospitale. Le brine bruciano la poca erba rimasta dopo il pascolo delle pecore, e i camosci e i caprioli scendono vicino al bosco dove il verde dura più a lungo». Così scriveva nei «Sentieri sotto la neve». Chi non ce la fa, i più giovani e inesperti, o i più malati, scompaiono. Rimangono i più robusti, i più forti. E’ crudele, ma nell’ordine delle cose. Accade come in certi boschi, che dopo gli incendi (naturali, di sicuro non quelli provocati dai piromani), diventano più forti. E’ come quando erutta un vulcano, che non «impazzisce», ma fa il suo dovere: dorme per secoli, ogni tanto si sveglia. Inutile prendersela con lui, dargli del «killer».

Meglio prevederlo, allora, meglio non intervenire dopo, come avvenne drammaticamente (e in modo assai diverso) qualche anno fa in val Chisone, quando dopo le grandi nevicate decine di cervi si radunano in gruppo a fondovalle, quasi a ridosso della strada, e non riuscirono più a muoversi. Fu una mattanza: arrivarono gli uomini e spararono nel mucchio, li scuoiarono ai bordi della carreggiata. Piuttosto, come ha giustamente detto Franco Rolando, decano delle guide alpine di Ceresole Reale, i Parchi potrebbero pianificare in anticipo l’abbattimento degli ungulati in sovrannumero, trasformando la selezione naturale in una fonte di reddito, in una gabella per i cacciatori che serve a dare ossigeno alle esangui casse degli Enti parco. I pochi, ormai, a tentare di proteggere quel po’ di natura rimasta.

[ da La stampa ]

Il parco del Gran Paradiso mediante i suoi tutori ha tratto questa filosofia,ovvero la selezione naturale,per quanto sia crudele in condizioni normali è del tutto lecito avere questa posizione,ma nell'incredibile stagione autunno-invernale di quest'anno una via di mezzo ci poteva stare,come del resto in altre realtà parco italiane si stanno prodigando in soccorso mediante foraggio,calato tramite elicotteri o portato nelle vicinanze dei centri abitati.
Una filosofia crudele ancor più determinata dal trend delle scorse stagioni invernali,gli animali fino all'anno scorso dovevano combattere per la sopravvivenza dovuta alla mancanza dei pascoli,causato dalla siccità,un disorientamento epocale,dove l'uomo ed i suoi guardaparco avrebbero dovuto avere un occhio di riguardo,selezione si,ma non una strage come si sta affermando.

@@ post inserito da Dalida @@

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